Il più vecchio attivista per i diritti delle persone LGBT+ del Portogallo
Si chiama António Serzedelo e ha 79 anni: è stato uno dei primi a credere che la Rivoluzione dei garofani potesse liberare anche le persone LGBT+
Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
Il risultato della partita Italia-Spagna di ieri sera influirà sull’open rate della newsletter di oggi? Ti farò sapere.
Nel frattempo, iniziamo!
Il più vecchio attivista per i diritti delle persone LGBT+ del Portogallo
António Serzedelo avrebbe davvero voluto sposarsi. Con una ragazza.
“Lei mi piaceva molto, era carina e gentile, ma mi attraevano anche gli uomini. Decisi di confidarglielo. Lei mi disse: ‘non preoccuparti, so di un medico che ti può aiutare”, mi ha raccontato al telefono.
Il medico era uno psichiatra di Lisbona e l’aiuto che poteva fornire era una sessione di elettroshock.
“Feci quasi due mesi di trattamento, di mia spontanea volontà. Funzionava così: quando il dottore mi faceva vedere un uomo e una donna insieme, la sensazione era piacevole. Quando l’immagine mostrava un uomo con un altro uomo, le scosse diventavano intense, fastidiose. Niente a che vedere con l’elettroshock che si vede nei film, ma comunque una sensazione sgradevole”.
Alla visita di controllo, qualche mese dopo, António confessò al dottore che non era cambiato nulla: continuava a essere attratto dagli uomini.
“Tu sei incurabile”, gli rispose il medico.
Alla fine, António si sposò con una ragazza. “Non con quella con cui stavo all’inizio: con lei siamo rimasti amici per tutta la vita, è mancata qualche anno fa. Mi sono spostato qualche anno dopo con un’italiana. L’ho conosciuta mentre stavo facendo un reportage su un gruppo di militanti comunisti: voleva disperatamente la nazionalità portoghese e il matrimonio era la via più veloce per ottenerla”, mi ha spiegato António, che ha divorziato da lei una trentina di anni fa.
Nel mezzo, tra un quasi matrimonio e l’altro, António si dedica all’attivismo. “Ho iniziato negli anni Settanta, militando nel Movimento Democrático Português, una delle poche organizzazioni politiche che all’epoca si opponeva al regime di Salazar”.
Il momento che lui e i suoi amici aspettavano arriva con la Rivoluzione dei Garofani.
“Ricordo benissimo che a qualche giorno dal 25 aprile 1974 decidemmo di scrivere un testo e inviarlo a due grandi giornali del Paese, il Diário de Lisboa e il Diário Popular”. Il manifesto «Liberdade para as Minorias Sexuais» è il primo manifesto omosessuale della storia del Portogallo.
Al suo interno, il giovane Movimento de Ação Homossexual Revolucionária, di cui António è l’unico dei membri ancora in vita, chiede la decriminalizzazione dell’omosessualità e rivendica il diritto delle persone omosessuali di partecipare al processo democratico.
Pubblicato il 13 maggio 1974, il manifesto fu uno scandalo.
In risposta, qualche giorno dopo, il generale Galvão de Melo, membro del comitato di ufficiali scelto per governare in maniera provvisoria il Portogallo, disse in televisione che la Rivoluzione dei Garofani non era stata fatta per dare quel tipo di libertà a “prostitute e omosessuali”.
Fino a quel momento, essere omosessuale in Portogallo voleva dire soprattutto rischiare di essere internato in “strutture di rieducazione”, ovvero manicomi o campi di lavoro forzato.
La struttura più conosciuta era il Palácio da Mitra, dove tra il 1933 e il 1951 furono rinchiuse e maltrattate più di 12mila persone (incluse persone senza dimora e con altre malattie mentali - dato che l’omosessualità era considerata una patologia).
Le persone più giovani finivano invece a Casa Pia: nel 2002, un’indagine giornalistica ha portato alla denuncia di centinaia di episodi di abusi sui minori (e al processo più lungo della storia del Portogallo).
Per questo, essere omosessuale voleva dire abitare un mondo segreto.
Un mondo fatto di pochi luoghi: la strada, soprattutto, e qualche caffè come il Montecarlo, il Monumental o la Brasileira (oggi più conosciuto come luogo di culto per chi ama lo scrittore Fernando Pessoa).
Un mondo senza nomi, per non rischiare di mettersi in pericolo a vicenda, dove chiedere una sigaretta o un accendino era un messaggio in codice.
E dove, se la tua famiglia era ricca, qualche banconota agli agenti di polizia faceva la differenza tra la libertà e la “rieducazione”.
Per vedere i risultati dei suoi sforzi, António e i suoi amici dovettero aspettare fino al 1982, quando il Portogallo rivedette la sua Costituzione e l’omosessualità smise di essere un reato.
“Qualche anno dopo, nel 1997, ho fondato la mia associazione, Opus Gay, che oggi si chiama Opus Diversidades: il nome è un chiaro riferimento all’Opus Dei, l’istituzione religiosa ultraconservatrice che così poco vorrebbe avere a che fare con le persone omosessuali”, mi ha raccontato António, che due anni dopo ha dato vita anche al primo programma radiofonico a trattare tematiche LGBT+ in Portogallo, chiamato Vidas Alternativas.
Nello stesso periodo, António, oltre a lavorare come professore e giornalista, ha sostenuto numerose altre cause, dai diritti delle persone palestinesi alla lotta all’apartheid, passando per l’aborto, il contrasto alla violenza sulle donne e quello alla pedofilia.
“Oggi mi interessano soprattutto i diritti delle persone anziane. Molti giovani portoghesi se ne vanno, studiano all’estero e poi ci restano. Noi vecchi restiamo e lottiamo contro il fascismo, perché sappiamo cos’è stato. Io, almeno, continuerò a farlo finché sarò in vita”.
Per approfondire:
Breve cronologia dei diritti LGBT+ in Portogallo: nel 2010, il Paese ha approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso e, cinque anni dopo, l’adozione e l’affido da parte di coppie omosessuali. Dal 2016, tutte le donne portoghesi possono accedere alla procreazione medicalmente assistita, a prescindere dal loro orientamento sessuale e il loro stato civile.
Se mastichi il portoghese, ti consiglio questa serie di reportage di Público dedicata ai pionieri e alle pioniere del movimento LGBT+ portoghese. Sulla storia delle donne lesbiche in Portogallo, invece, ti segnalo questo articolo di CNN Portugal.
Dall’archivio di Ibérica:
☕Un caffè, solo per oggi o uno al mese!
È quello che puoi offrirmi se l’intervista di oggi ti è piaciuta o se leggere Ibérica ogni settimana ti aiuta a capire meglio cosa succede in Spagna e Portogallo.
Ibérica è infatti un progetto indipendente: il tuo sostegno è fondamentale per permettermi di dedicare sempre più tempo e risorse per scoprire e raccontare storie uniche dalla penisola iberica.
Para 👀
La più grande sorpresa del Primavera Sound di quest’anno? Il concerto di Stella Maris, il gruppo di pop cattolico che i registi della serie tv La Mesías, Javier Calvo e Javier Ambrossi, hanno creato per raccontare la storia vera della famiglia Bellido Durán (e che se non conosci puoi recuperare qui).
Para 📚
La Mar menor è la laguna salata più grande d’Europa: si trova nella regione di Murcia, in Spagna, ed è separata dal Mar Mediterraneo da una striscia di sabbia lunga 22 chilometri. Un ecosistema molto delicato, messo in pericolo dallo scarico di fertilizzanti agricoli. Per saperne di più, ti consiglio questo reportage di Davide Mancini e Marcello Rossi pubblicato su Domani: io l’ho scoperto tramite la newsletter Lapìlli, che ogni mese raccoglie i migliori articoli dedicati al Mediterraneo e all’ambiente.
Nel 2023, la Spagna è stato il primo (e finora l’unico) Paese dell’Unione Europea a introdurre il congedo mestruale. A un anno dalla sua approvazione, però, i risultati sono molto al di sotto delle aspettative. Ne ha scritto Il Post qui.
Se capisci lo spagnolo, in questo articolo trovi la storia della gacería, il “linguaggio segreto” che i commercianti di un piccolo paesino vicino a Segovia si sono inventati nel XII secolo per non farsi capire dal resto della popolazione spagnola quando andavano in giro a vendere i loro prodotti. Geniale.
Para 🎧
“No soy monárquico, soy juancarlista” era una frase che si sentiva molto spesso in Spagna, più di quindici anni fa. Era un modo per dire: la Corona spagnola non mi sta particolarmente simpatica, ma il re, sì. Juan Carlos I ha avuto infatti un ruolo centrale nella transizione dal regime di Franco alla democrazia: Franco l’aveva designato come erede e lui scelse la democrazia al posto della dittatura (e tenne duro durante il tentativo di colpo di Stato del 1981). Tutto questo per dire che oggi, questa frase, non si sente più. Un po’ perché Juan Carlos I è stato anche la rovina della Corona spagnola, tra relazioni extraconiugali e accuse di corruzione. Un po’ perché nessuno si sognerebbe di dire lo stesso del figlio, Felipe VI, la cui popolarità è molto inferiore, e lo sarebbe ancora di più se non fosse per la sua consorte, l’ex giornalista Letizia Ortiz.
A dieci anni dall’inizio del regno di Felipe VI, El País si chiede quindi: è arrivata l’ora del letizismo?
È tutto per oggi!
Se la newsletter di questo venerdì ti è piaciuta, aiutami a far conoscere Ibérica ad altre persone. Inoltra questo numero o clicca qui:
Se invece ti hanno inoltrato questa mail, questa è la tua occasione per iscriverti:
A presto,
Roberta
Trovo agghiacciante che qualcuno possa dire a un uomo "sei omosessuale? Non c'è problema, so come aiutarti" e quell'aiuto sia l'elettroshock. Quante "soluzioni" terribili hanno dovuto sopportare le persone come António Serzedelo. Dovremmo solo vergognarci e chiedere scusa, e invece l'estrema destra sta avanzando in tutta Europa. Grazie per aver raccontato la storia di António, fa riflettere molto.
Che numero bellissimo, grazie per aver intervistato Serzedelo 💜