Vivere per strada e diventare giornalista per raccontarlo
È quello che ha fatto Jorge Costa per il sito Mensagem
Ciao!
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Se la newsletter della settimana scorsa ti ha fatto entrare un bruscolino nell’occhio, preparati: quella di oggi non è da meno.
In compenso, se arrivi alla fine trovi una selezione di contenuti che ti miglioreranno il fine settimana e addirittura uno speciale Eurovision.
Iniziamo!
Vivere per strada e diventare giornalista per raccontarlo
“C’è sempre un primo giorno come persona senza dimora.
Ma questo processo, chiamiamolo così, inizia molto tempo prima. Nel mio caso, penso che sia iniziato tre anni prima della prima notte in cui ho dovuto dormire su una panchina nel Parco delle Nazioni di Lisbona. È iniziato il giorno in cui l’azienda per cui lavoravo come tecnico amministrativo ha dichiarato bancarotta”.
Hai appena letto un estratto dalla prima cronaca scritta da Jorge Costa per Mensagem, un sito di notizie fondato da giornalisti di Lisbona per gli abitanti di Lisbona.
Jorge Costa è stato entrambi: un cittadino e poi un giornalista. Lo è diventato per raccontare la sua esperienza come persona senza dimora.
“La caduta è rapida, specialmente per un uomo della mia età, che ha più di cinquant’anni. Abbiamo un’età in cui ci dicono che è ormai molto tardi per lavorare. Ma ci dicono anche che è molto presto per andare in pensione”.
Dopo aver lavorato qua e là come cassiere e muratore, essersi trasferito fuori città in un appartamento meno costoso e aver chiesto soldi ad amici, Costa si accorge che i soldi comunque non bastano.
“Una notte, spinto dalla vergogna, esco piano piano dalla casa della persona che mi ospita. Sì, dalla vergogna. Perché penso che qualsiasi persona si vergogni sempre della povertà, dell’ammissione della propria miseria. La mattina sono seduto nella stazione dei treni diretto alla stazione di Lisbona Oriente, con due valigie contenenti l’essenziale di quel che possiedo, sostanzialmente vestiti, senza un soldo nel portafoglio e senza sapere cosa fare. Sapevo solo che sarei tornato a Lisbona. Non avevo nessun altro posto dove andare”.
Inquinamento visivo
Nelle sue 14 cronache, Costa racconta la quotidianità della vita delle persone senza dimora: la ricerca di un posto dove dormire, di cibo da mangiare, di spazi dove lavarsi, di soldi, di privacy, di speranza.
“Siamo costantemente esposti agli occhi di tutte le persone, quando dormiamo, quando mangiamo, quando ci laviamo. Per gli altri alle volte siamo ‘inquinamento visivo’, un termine che ho sentito uscire dalla bocca di un passante che mi ha dato una moneta”.
Costa impara a chiedere l’elemosina, a fare il parcheggiatore abusivo. Impara che nei bagni della stazione altre persone senza dimora offrono prestazioni sessuali ai loro clienti per qualche moneta.
Impara anche a non provare vergogna quando ruba nei supermercati, dorme per terra, fruga nella spazzatura.
Molte di queste cose gliele insegna Zé, il suo ‘padrino di strada’, che lo prende sotto la sua ala e gli insegna a ‘farsi una vita’.
“Se tu riesci a sopravvivere a tutta questa merda, un giorno anche tu sarai il padrino di un altro tizio qualsiasi”, gli spiega Zé.
Costa non sarà mai ‘padrino’ di nessuno, e neanche Zé. Con la diffusione della pandemia, viene trasferito in un centro di accoglienza per persone senza dimora. Gli sembra un sogno: un posto caldo, dove può consumare tre pasti al giorno e lavarsi.
“Quando qualcuno scrive di dignità, certamente non scrive di bagni. Ma io ne scrivo. Nessuno si sente dignitoso se non è pulito. Bisogna non poterlo essere e sentirlo sulla propria pelle per capire quel che dico”.
Nello stesso periodo, il Municipio di Lisbona attiva un progetto Housing First, un modello di intervento sociale che fornisce una casa alle persone senza dimora (esiste anche in Italia: ne ho scritto qui).
L’11 maggio 2020, Costa entra nella sua nuova casa.
“Guarda, Zé, ora ho una casa, vedi? E ho una cucina dove fare uno spuntino. Mi piacerebbe che fossi qui, amico mio. Ti preparerei delle interiora, so che le adori. Ho un bagno dove puoi chiudere la porta e cagare in pace senza preoccuparti che si apra, come sognavi tu. Ho un pacchetto di tabacco Amber Leaf, che adori, e ho le cartine e i filtri! Filtri, Zé! Non pezzi di cartone arrotolati per fumare il tabacco dei mozziconi”,
scrive Costa al suo ‘padrino di strada’, che una casa invece non vivrà abbastanza a lungo per averla.
Un senza dimora con una casa
Le cronache che raccontano i nove mesi di vita per le strade di Lisbona di Jorge Costa si possono leggere su Mensagem e all’interno del “Diário de um Sem-abrigo – Os dias (e noites) de Jorge Costa a viver nas ruas de Lisboa”, pubblicato postumo.
Jorge Costa è infatti morto nell’aprile del 2022. Tutti i diritti d’autore del suo libro sono destinati a una borsa di studio per i giornalisti che vogliono raccontare la condizione delle persone senza dimora.
“Chi sono io? Forse un senza dimora con una casa. È una definizione che mi sono dato io e che è quella che si avvicina di più all’uomo che sento di essere. È forse un male? Un giorno di questi mi è venuto in mente che se tutti sentissimo la miseria dentro di noi, forse la miseria non esisterebbe più”.
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Para 👀
Nelle ultime settimane ho recuperato la serie comica Paquita Salas (disponibile su Netflix). Se dovessi descriverla in due parole, direi che è The Office alla spagnola: è un mockumentary girato in un’agenzia di management fuori moda. Fa molto ridere e ha anche una soundtrack un po’ indie bellissima.
(Bonus track: c’è un cameo di Dulceida).
In caso te lo stessi chiedendo, sì, esistono anche le sfilate di moda flamenca.
Para 📖
Questo articolo del Guardian fa il punto sul passato schiavista della Catalogna:
Tra il 1817 e il 1867, i catalani sono stati direttamente o indirettamente coinvolti nel trasporto di 700mila schiavi dall’Africa occidentale ai Caraibi e questi traffici hanno finanziato gran parte dell’industrializzazione catalana e il boom edilizio barcellonese durante l’Ottocento.
Se ne parla molto anche perché un mesetto fa è andato in onda un documentario molto critico sul tema, intitolato Negrers. La Catalunya esclavista (disponibile in catalano con sottotitoli in spagnolo e inglese).
La seconda lingua ufficiale del Portogallo è il mirandês e secondo una ricerca tra vent’anni potrebbe sparire completamente. (Articolo in portoghese qui e un breve riassunto in inglese qui).
Para 🎧
“Io non ero sposata con un mito. Ero sposata con un uomo”.
Pilar del Río è giornalista, traduttrice e presidente della Fondazione José Saramago. In uno degli ultimi episodi del podcast A Beleza das Pequenas Coisas ha *blastato* (non c’è altro modo per dirlo) il conduttore parlando di abusi nella Chiesa, censura, violenza di genere e crisi abitativa in uno squisito mix tra portoghese e spagnolo. La amo.
🎤 Speciale Eurovision
Quasi due settimane fa c’è stato il Festival RTP da Canção, il Sanremo portoghese. Ha vinto Mimicat, che porterà la sua canzone “Ai Coração” all’Eurovision di quest’anno, che si terrà a Liverpool a maggio.
La Spagna sarà invece rappresentata da Blanca Paloma e dalla sua canzone “EAEA”, che mi ricorda un po’ il famoso maestro italiano del disegno urlato.
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A venerdì,
Roberta