Spain is different
È lo slogan da cui (ri)partire per capire il turismo di massa in Spagna, le sue origini e i suoi futuri possibili.
Ciao!
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Iniziamo!
Spain is different
“Vacanze con Franco. Le mie estati nella Spagna franchista”.
Si intitola così una mostra che ho visitato per caso a Girona, attratta dalla sua brochure: una piccola fisarmonica di cartoline degli anni Cinquanta e Sessanta.
“Nel 1951 sono arrivati un milione di turisti in Spagna. Lo stesso anno, è arrivato anche il primo ambasciatore degli Stati Uniti”, si legge nella brochure. “Iniziava così un’alleanza tra turismo, franchismo e capitalismo che dura fino a oggi”.
Nell’estate (o forse nell’anno?) dell’overtourism, queste righe mi sembrano un buon punto di partenza per guardare alle radici del turismo di massa in Spagna.
La chiave per capire meglio chi da inizio anno è sceso in strada a Barcellona, a Malaga, nelle isole Canarie e nelle Baleari per protestare contro il modello turistico attuale mi sembra che sia proprio qui.
Siamo nel 1959 e in Spagna le cose vanno molto male. A detta di Juan Sardá, un economista dell’epoca, il Paese è al bordo dell’abisso.
La politica economica che ha imposto il dittatore Francisco Franco dopo la vittoria della guerra civile nel 1939 è un fallimento.
Per colpa del blocco dell’importazione di fertilizzanti e macchinari, l’agricoltura si ferma e circa 200mila persone muoiono di fame: una carestia che il regime non ammetterà mai di aver provocato.
A malincuore, Franco accetta un nuovo piano economico proposto dai suoi consiglieri e sostenuto da varie organizzazioni internazionali.
Il piano? Aprire la Spagna al turismo di massa e investire i ricavi nell’acquisto di macchinari necessari per rivitalizzare le fabbriche del Paese.
Un piano che riuscirà nel suo intento grazie, soprattutto, a tre, semplici parole: Spain is different.
La Spagna diventa una meta turistica relativamente tardi rispetto ad altri Paesi, come l’Italia e la Francia, ad esempio, che erano già tappe obbligatorie dei Grand Tour dei nobili ottocenteschi.
Lo diventa dopo le guerre napoleoniche, grazie ai racconti dei soldati, e ancora di più grazie al Romanticismo. (Tra l’altro, all’epoca la Spagna è vista come una versione più vicina e accessibile dell’Oriente, proprio perché governata da varie dinastie arabe per circa otto secoli).
Con l’inizio della guerra civile nel 1936, però, il turismo (che comunque riguardava una piccolissima élite, ancora più piccola dell’élite di persone che possono viaggiare per piacere oggi) si ferma.
Per farlo ripartire, a fine anni Cinquanta, il ministro dell’Informazione e del Turismo Manuel Fraga Iribarne inventa lo slogan “Spain is different”.
Né migliore, né peggiore: diversa.
E dietro a questa “diversità” il regime si nasconde e prospera.
“Il franchismo è stato salvato dal turismo”, ha spiegato il ricercatore Joan Buades in questa intervista. “La Spagna franchista se la cava perché ascolta gli americani che dicono loro di aprirsi al turismo e di lasciare emigrare chiunque voglia. Poi, la Spagna si svuota delle persone povere che vanno nel Nord Europa o nel resto del Mediterraneo”.
Dopo il turismo, sono queste persone a dare vita al “miracolo” economico spagnolo: è grazie ai soldi che inviano dall’estero, soprattutto dalla Francia e dalla Germania, che la Spagna può ripartire.
Ma, come sottolinea anche il testo della brochure della mostra, “mentre i turisti vivono questo paradiso ritrovato, i cittadini devono convivere con la dittatura, una circostanza che dava vita a due esperienze ben diverse allo stesso tempo”.
Una contraddizione di cui avevo parlato qualche tempo fa in una newsletter dedicata alla storia di Ibiza:
“In un regime come quello di Franco, fino all’ultimo, se si doveva censurare, si censurava, quando si doveva reprimere con la violenza, si reprimeva con la violenza, e quando si doveva uccidere, si uccideva. Non avrebbe mai permesso che qualcosa mettesse a rischio l’essenza della dittatura”.
In poche parole, mentre in Italia, ad esempio, il turismo di massa è una conseguenza del boom economico, in Spagna il turismo è il motore stesso della sua rinascita economica.
Grazie alla sua doppia carica come ministro del turismo e dell'informazione, Fraga plasma l’immagine della Spagna attraverso i mezzi di comunicazione per attrarre potenziali turisti e investimenti stranieri.
Da un milione nel 1951, i turisti in Spagna arrivano a 14 milioni nel 1964 e 34 nel 1973.
Oggi, 30 milioni di turisti arrivano ogni anno solo nella città di Barcellona.
Per immaginare un futuro diverso, qualsiasi discorso sul turismo di massa in Spagna dovrebbe partire da qui: dalla sua eredità franchista e dalla consapevolezza che lo stesso modello economico non potrà continuare a salvarla per sempre.
Per approfondire:
La collezione di cartelloni pubblicitari del Centro Virtual Cervantes va dagli anni Venti a oggi ed è una piccola meraviglia.
A Malaga si moltiplicano gli adesivi di protesta attaccati sulle pareti degli appartamenti turistici (spesso indicati con l’abbreviazione AT), sui quali si leggono messaggi come “AnTes esta era mi casa” (“primA quesTa era casa mia”) o “ApesTando a turista” (“puzzA di Turista”): ne ha scritto Il Post qui.
In spagnolo, le cameriere di piano degli hotel sono soprannominate “Las Kellys”, un’abbreviazione di "las que limpian", quelle che puliscono. Con lo stesso nome, nel 2016 hanno fondato un sindacato che è in prima linea nella difesa dei diritti delle persone che lavorano nel settore turistico: ne avevo scritto su Wired nel 2021.
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Durante l’estate ho letto uno dei libri che avevo acquistato a maggio al Salone del Libro di Torino, ovvero A Barcellona con Manuel Vázquez Montalbán di Giuliano Malatesta (Giulio Perrone editore): un bel ritratto non solo dello scrittore, ma anche della sua Barcellona e, in particolare, del Barrio Chino, il quartiere che oggi conosciamo come El Raval. (Non posso dire lo stesso per Sabotaggio olimpico, il primo libro di Vázquez Montalbán che ho letto. Consigli per recuperare?)
Il Portogallo è uno dei Paesi europei che riesce a valorizzare meglio le competenze delle persone migranti: lo racconta bene questa inchiesta di Lighthouse Reports, tradotta in italiano da Internazionale.
Para 🎧
Se mastichi lo spagnolo e l’intelligenza artificiale è la tua ossessione, ascolta il thriller sonoro Titania. Io l’ho fatto (finalmente) qualche giorno fa ed è stata un’esperienza assurda.
Sapevi che nel 1940 i nazisti avevano pianificato di rapire il duca di Windsor (che aveva abdicato per sposare Wallis Simpson) mentre si trovava a Cascais, in Portogallo? Una storia avvincente che il giornale portoghese Observador ha raccontato nel suo ultimo podcast, Um rei na boca do inferno.
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