Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
Questa è l’ultima newsletter che ti scrivo dall’Italia: la settimana prossima ci sentiamo dal Portogallo (per la precisione: da Braga e dintorni), dove starò per qualche giorno a casa della mia cara amica Inês.
Ma passiamo alle cose interessanti, ovvero la newsletter di oggi, in cui trovi:
un articolo sulla storia recente di Ibiza e di come sia diventata com’è oggi anche grazie (o per colpa?) del franchismo;
una breve rassegna stampa su cosa è successo in Spagna e Portogallo negli ultimi giorni;
per la prima volta su questi schermi, un bel memino.
Iniziamo!
Ibiza contro tutti
Ogni anno, verso fine marzo, io e le mie amiche iniziamo a pensare a dove andare in vacanza.
Una delle destinazioni che viene sempre proposta è Ibiza, per diversi motivi. Il mio è sempre quello che fa più ridere tutte: “per andare a vedere l’artigianato locale”.
(Giuro che è bellissimo!)
Alla fine va sempre che non prenotiamo mai in tempo, il volo costa già troppo e addio artigianato.
Ma Ibiza non è sempre stata così, una località che diventa ogni anno più cara e turistica, un posto magico dove (quasi) tutto è concesso e un’economia basata sul divertimento e sulla vita notturna.
L’idea che abbiamo oggi di Ibiza - così come quella che abbiamo della corrida, del flamenco e di molte altre cose che associamo in maniera automatica e quasi scontata alla Spagna - è in realtà il risultato di anni e anni di soft power della dittatura di Francisco Franco.
Il rifugio intellettuale
Per quanto sia difficile da immaginare oggi, cento anni fa Ibiza era un’isola praticamente incontaminata e scarsamente popolata, la cui economia si basava su agricoltura, caccia e pesca.
La svolta arriva tra gli anni Venti e Trenta, quando l’ascesa al potere di Hitler costringe parte della classe intellettuale tedesca e poi europea alla fuga. Ai loro occhi, Ibiza è la destinazione perfetta: un paradiso primitivo, tranquillo e molto economico.
“Durante la Seconda Repubblica, un numero significativo di intellettuali stranieri misero in circolazione questa visione paradisiaca dell’isola all’estero”, spiega la scrittrice e accademica Rosa Rodríguez Branchat.
Dopo aver vinto la guerra civile spagnola, Franco decide di sfruttare a proprio favore l’immagine dell’isola che intellettuali come Walter Benjamin, Raoul Hausmann e Albert Camus avevano costruito.
“Il franchismo ha chiuso un occhio su questo ‘cosmopolitismo’ artistico, questa ‘distensione’ nei modi e nelle forme, perché non pensava fosse pericolosa”, spiega Rodríguez.
Aprire locali, affittare case di campagna e vivere nella natura e nell’arte erano privilegi riservati a chi veniva da fuori: alla popolazione di Ibiza, il dittatore non ha mai fatto sconti.
“In un regime come quello di Franco, fino all’ultimo, se si doveva censurare, si censurava, quando si doveva reprimere con la violenza, si reprimeva con la violenza, e quando si doveva uccidere, si uccideva. Non avrebbe mai permesso che qualcosa mettesse a rischio l’essenza della dittatura”, conferma l’esperta.
Il paradiso hippie e il boom della disco
Il marchio Ibiza si consolida negli anni Cinquanta, quando lo stile di vita tranquillo e a contatto con la natura promosso da certo gruppo di intellettuali inizia ad attrarre nugoli di beatnik e hippies.
La consacrazione arriva proprio nel 1969 con l’uscita del film More, nel quale si racconta la storia d’amore tra due membri di una comune hippie di Ibiza.
Sullo sfondo, sesso, droga e musica dei Pink Floyd (al punto che i giornali spagnoli dell’epoca denunciarono “i ninfomani e le ninfomani [...] che insozzano le nostre bianchissime isole Pitiuse”).
Fuori dall’inquadratura, una popolazione che non poteva votare, divorziare o studiare la propria lingua (il catalano) e che continuava a essere uccisa per motivi politici.
Il turismo hippie diventa per la dittatura un modo per differenziare l’isola dal resto dell’offerta vacanziera spagnola, una differenza che continua a essere più di forma che di sostanza.
Nel 1975 la dittatura finisce, ma il mito di Ibiza continua a prosperare.
Negli anni Settanta, ogni anno a Ibiza si costruiscono tra i quindici e venti hotel. Un modello turistico e immobiliare senza freni, disordinato e privo di lungimiranza che in spagnolo viene chiamato balearización e che verrà applicato successivamente dalle stesse imprese anche nei Caraibi.
“Gli hippie scompaiono e con loro un movimento estetico, artistico e culturale, ma resta la loro impronta. Al loro arrivo, le discoteche sfruttano abbastanza bene questo laissez faire, laissez passer”, spiega lo storico Maurici Cuesta.
La Spagna vuole lasciarsi alle spalle Franco e la miseria per avvicinarsi a un’Europa moderna e libera. Ma tutto ha un prezzo.
L’Ibiza che resiste
Oggi, anni di turismo di massa iniziano a farsi sentire.
Le imprese immobiliari hanno lasciato perdere il cemento e si concentrano su alberghi e ristoranti di lusso, mentre sempre più collettivi denunciano la mancanza di scuole e di case accessibili alla popolazione dell’isola (per non parlare dell’insufficienza delle risorse idriche e dell’erosione del paesaggio naturale).
Per il momento, Ibiza resiste come può: a inizio anno, il Consell de Govern ha firmato un decreto che favorisce la riqualificazione urbana, aumenta il numero di ettari di alcune zone naturali protette e limita il numero e l’estensione delle piscine urbane.
Un piccolo passo indietro che, di questi tempi, vale più di mille passi avanti.
🌊Ti è piaciuto questo articolo?
Inoltralo alla persona con cui volevi andare a Ibiza (è tardi per prenotare, lo sai).
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La luna di miele tra Spagna e Portogallo va a gonfie vele: allo scorso vertice ispano-portoghese hanno firmato 11 accordi ministeriali.
Tre notizie da Lisbona, una buona e due cattive. Martedì, due donne sono morte accoltellate in un centro musulmano sciita, il Centro Ismaili. Secondo le ultime ricerche, la capitale portoghese è anche la seconda città europea per consumo di ketamina. Quella buona? Grazie a una proposta del Partito Socialista, molte più strade della città porteranno nomi femminili.
In Spagna sono iniziati i lavori della commissione di indagine sull’ennesimo caso di corruzione del Partido Popular. L’expresidente Mariano Rajoy e gli membri del Ministero dell’Interno sono accusati di aver chiesto ad alcuni agenti di polizia di spiare i loro avversari politici (soprattutto membri di Podemos e dell’indipendentismo catalano).
Per sabato 1 aprile sono previste grandi manifestazioni per il diritto alla casa nelle principali città portoghesi.
La presentatrice spagnola Ana Obregón è andata a Miami per ricorrere alla gestazione per altri (GPA). In Spagna la GPA è illegale (come in Italia) e il riconoscimento dei bambini non è automatico, ma è permesso per tutelare “l’interesse superiore” dei minori. Il Partido Popular (destra) ha approfittato della notizia per dichiararsi favorevole alla regolamentazione della gravidanza solidale (che in Italia è sostenuta dall’Associazione Luca Coscioni), mentre il centrosinistra continua a opporsi a qualsiasi forma di GPA.
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Oggi niente vignetta: finiamo con un bel meme. O meglio, un tameme.
(Ti ricordi? Due settimane fa ti ho parlato di lui: è Ramón Tamames, l’ex-dirigente del Partito Comunista spagnolo che è stato scelto dal partito di ultradestra Vox per presentare la sua mozione di censura contro Pedro Sánchez.
Mettiamola così: la mozione ha avuto più successo su Internet che nella realtà).
È tutto per oggi!
Come sempre, se ti va di supportare il mio lavoro puoi offrirmi un café con leche qui.
(Così la prossima volta l’artigianato locale di Ibiza te lo racconto per esperienza!)
A venerdì,
Roberta