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Iniziamo!
Libere da Picasso
Un disegno a matita di una donna dagli occhi grandi, i capelli voluminosi e la testa appoggiata su una mano.
È l’immagine che il Centre Pompidou di Parigi ha scelto per promuovere Picasso, dessiner à l’infini, la più grande retrospettiva dedicata ai disegni e alle incisioni di Pablo Picasso, a cinquant’anni dalla sua morte.
Ma c’è un dettaglio del Ritratto di Françoise che stona.
La donna ha una macchia sulla guancia destra.
Un neo, forse.
Molto più probabilmente, il segno che Picasso le aveva lasciato quell’anno, il 1946, spegnendole una sigaretta sulla guancia.
Scomparsa lo scorso giugno a 101 anni, Françoise Gilot è stata una pittrice francese.
Pablo Picasso le ripeteva: “nessuna lascia un uomo come me”. E lei, invece, nel 1953, lo lascia.
E non solo: undici anni dopo scrive un libro in cui racconta la loro vita insieme (incluso l’aneddoto della sigaretta sulla guancia).
Picasso fa di tutto per evitare che esca: arriva addirittura lanciare una petizione e chiedere ai loro amici in comune – Jacques Prévert, Louis Aragon e Joan Miró – di firmarla.
Il libro esce comunque ed è una delle tante testimonianze che oggi arricchiscono il podcast Libres de Picasso.
Scritto dallo storico dell’arte spagnolo Peio H. Riaño, il suo obiettivo è rispondere a una domanda molto precisa: Picasso è stato davvero un uomo del suo tempo?
Negli anni Trenta, mentre Picasso espone la sua “arte degenerata” tra New York, Parigi e Inghilterra, nella Spagna della Seconda Repubblica si diffondeva l’ideale di una donna nuova.
La Costituzione del 1931 garantiva alle donne l’accesso al pubblico impiego, l’annullamento del reato di adulterio e il diritto di voto a chi aveva più di 23 anni.
Un gruppo di donne fece un passo in più.
Tra il 1935 e il 1939, fondò un movimento operaio femminista che raccolse intorno a sé più di 30mila donne da tutta la Spagna.
Si chiamava Mujeres Libres: i suoi corsi insegnarono a migliaia di donne a leggere, a scrivere, a guidare, a curare i feriti della guerra civile.
La sua rivista insegnò a migliaia di donne a smettere di essere angeli del focolare.
“Abbiamo la certezza di arrivare al momento giusto. Ieri sarebbe stato troppo presto. Domani, forse, troppo tardi”, scrivevano le fondatrici nel primo numero.
Nel 1939 finisce la guerra civile e con lei l’esperienza di Mujeres Libres.
Il franchismo impone un altro ideale di donna: gli angeli tornano al focolare.
I tempi di Picasso erano anche questi, ci dice Riaño.
E quindi no, dire che era un uomo del suo tempo non basta: bisogna scavare più a fondo.
Come stanno facendo la professoressa Jèssica Jaques e altre dottorande e dottorandi in Storia dell’Arte all’Università Autonoma di Barcellona.
Jaques dice che il Picasso che abbiamo conosciuto a scuola non è quello vero: una parte delle sue opere è stata messa da parte.
“Esistono due tipi di donne nell’iconografia di Picasso: la musa e la donna forte. Picasso non ha mai smesso di dipingere nessuna delle due, anche se nelle mostre e nei libri è quasi sempre la musa a venire fuori”, afferma Jaques in un episodio del podcast.
Gilot è stata entrambe: la donna-fiore e quella con la cicatrice sulla guancia.
“Siamo le storie che ci raccontiamo”, ricorda Riaño.
“Per questo, nessuna storia è innocente”.
Per approfondire:
Il podcast Libres de Picasso, che racconta anche la storia di Mercedes Comaposada, avvocata, co-fondatrice di Mujeres Libres e segretaria di Pablo Picasso.
La mostra “Picasso, dessiner à l’infini”, al Centre Pompidou dal 18 ottobre, e questo articolo su Françoise Gilot, scritto da una delle mie autrici francesi preferite, Pauline Delabroy-Allard.
Il libro di Françoise Gilot, La mia vita con Picasso.
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Una foto dello studio di Françoise Gilot a New York.
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Roberta