Trent'anni senza andare alla FIAT passano volando
E altre cose che mi ha raccontato una delle persone che ogni giovedì si ritrovano per coltivare insieme gli orti di uno spazio occupato sulle colline alle spalle di Barcellona
Ciao!
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Prima di iniziare, due consigli e un promemoria:
La canzone che ha accompagnato la squadra di calcio maschile della Spagna fino a vincere gli europei è questa qui e il suo titolo vuol dire lettalmente “puledra selvaggia”;
A proposito di animali: sapevi che il prossimo presidente del Consiglio Europeo, l’ex primo ministro portoghese António Costa, per lanciare la sua candidatura a sindaco di Loures nel 1993 ha organizzato una gara di velocità tra una Ferrari e un asino? Tutto vero, l’ho raccontato, insieme a tanti altri dettagli sulla sua carriera politica, in questo ritratto per
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Iniziamo!
“Al suono della campanella, quaranta persone mettono da parte semi e attrezzi per percorrere la salita in terra battuta che porta a un giardino ombreggiato.
Una di queste è Marc Rojas Pazos, uno studente di microbiologia che abita a Barcellona.
«È da quasi un anno che vengo al Can Masdeu ogni giovedì. Ora sono qui come invitato: resterò qui due settimane per mettere alla prova il mio rapporto con la città e capire se la vita a contatto con la natura fa per me» racconta, mentre si serve una generosa porzione di minestrone di lenticchie”.
Inizia così il reportage che ho scritto insieme a Susanna Rugghia e Michele Gambirasi per il Green European Journal.
Situato all’interno del parco naturale del Collserola, ma raggiungibile da Barcellona con i mezzi pubblici, Can Masdeu è uno spazio occupato che ogni giovedì apre le sue porte a chiunque voglia avvicinarsi all’agroecologia o, più semplicemente, passare qualche ora nei suoi orti a lavorare la terra.
È così che molte persone sono venute a contatto con questo luogo e il suo impegno politico ed ecologico.
Una di queste è Sergio Canavese, un pensionato italiano di 66 anni (e piemontese, come me!).
La sua storia, purtroppo, non ha trovato spazio nell’articolo, quindi ho pensato di raccontartela qui.
“Sono nato a Vigone, un paesino in provincia di Torino. Purtroppo, però, non ero molto portato né per il freddo, né per l’industria metalmeccanica”, scherza Sergio, seduto nel giardino dove gli abitanti di Can Masdeu e i suoi visitatori si riuniscono per pranzare dopo aver lavorato insieme negli orti.
“Sono arrivato a Barcellona negli anni Novanta. I miei genitori erano mancati uno dopo l’altro. Dopo tutta la burocrazia mi sono chiesto: cosa ci faccio qui? Voglio davvero fare il saldatore tutta la vita?”, continua.
Per trent’anni, Sergio ha lavorato come tassista a Barcellona. E davanti a questo posto sarà passato forse migliaia di volte, senza mai imboccare però la strada sterrata che porta all’entrata di questo spazio occupato, costituito da un enorme edificio - l’ex lazzaretto di Sant Pau, di proprietà dell’omonimo ospedale ma abbandonato da più di cinquant’anni - e i suoi 35 ettari di orti e giardini.
“Nel 2020 sono andato in pensione e ho cambiato casa. Prima stavo vicino alla Sagrada Familia, la vedevo ogni giorno dal balcone. Oggi vivo a Nou Barris, che è il quartiere che sta qui sotto”, continua Sergio, che però per mesi, dopo il trasferimento, preferisce prendere la metro e andare a passeggiare in spiaggia.
Un giorno, però, sceglie di fare il contrario e di imboccare la strada sterrata che porta in collina.
“La prima volta che sono venuto fin quassù ho incontrato una persona seduta su una panchina che mi ha subito messo in guardia: guarda che se vuoi coltivare un orto devi metterti in lista di attesa. Le ho detto che non avevo nessuna intenzione di fare un orto da solo. E allora lei mi ha detto di ritornare il giovedì successivo”, racconta Sergio, che da quattro anni, ogni giovedì, viene al Can Masdeu per prendersi cura dei suoi orti comunitari.
“Non sono l’unico: vengono un sacco di giovani, soprattutto Erasmus. E tanti pensionati, come me. Lei, ad esempio, era un'insegnante. Lui lavorava in banca. Quell’altro insegnava filosofia”, racconta Sergio, indicando altre persone sedute al nostro tavolo.
“Dopo la pandemia, il progetto Regenerades ha spiccato il volo: ogni giovedì vengono a darci una mano quaranta o cinquanta persone”, mi ha spiegato infatti Arnau Montserrat, uno degli abitanti di Can Masdeu.
In tutti gli orti, sia quelli assegnati a un centinaio di persone che se ne occupano in pianta stabile che in quelli del progetto Regenerades, gli abitanti del Can Masdeu sperimentano sistemi di coltivazione resilienti e strumenti di adattamento al cambiamento climatico.
Come abbiamo raccontato nel reportage:
Il principio chiave è la potenzialità rigenerativa della terra, dei corpi e delle relazioni. “Utilizziamo quella che chiamo ‘agroecologia rigenerativa’ per ottenere il meglio da ogni opera agroecologica, non solo dentro al campo, ma anche nel rapporto tra noi e il luogo che abitiamo,” spiega Montserrat. Tra le pratiche utilizzate c’è l'uso di biomasse locali, circuiti di commercializzazione corti, la policoltura. Secondo Montserrat, non è solo una scelta ecologica ma anche sociale.
Il pranzo è finito e Sergio mi propone di fare un giro per gli orti. Mi racconta che il suo compito principale adesso è la manutenzione delle recinzioni, per evitare che i cinghiali entrino negli orti. Mentre parla raccoglie un paio di teste d’aglio, una di insalata, “per la cena di stasera”.
Alla fine del nostro giro, ci fermiamo su uno spiazzo da dove si vede nitidamente uno spicchio della città.
Sergio indica il suo vecchio quartiere e mi chiede: “Chi me l’ha fatto fare di vivere lì, in mezzo alle macchine, quando potevo vivere qui sotto e venire quassù così spesso?”.
Non so bene cosa rispondere, quindi resto in silenzio. Camminiamo insieme fino alla strada sterrata che ci riporta in città. Ringrazio Sergio per avermi raccontato la sua storia e mi avvio verso la metro.
Camminando penso che conoscere il Can Masdeu non ha reso Sergio un attivista contro il cambiamento climatico, né gli ha fatto rimpiangere di non aver passato la sua vita in campagna, a Vigone (“trent’anni senza andare alla FIAT sono passati volando”).
Eppure, con tutti i suoi limiti, come abbiamo raccontato meglio nel reportage, il Can Masdeu è un posto aiuta sempre, a modo suo, le persone che lo visitano.
Per Sergio, è stato il rimedio alla solitudine della pensione.
Per altre, è un laboratorio dove provare a immaginare un modo per fare le cose in maniera diversa.
Prima che sia troppo tardi.
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Roberta
Che bella la storia di Sergio. Esemplare.
Grazie
Però vedere la Sagrada Familia dalla finestra ogni mattina non dev'essere nemmeno male eh... ;)