Terremoto di magnitudo 22 della scala Chega
Come sono andate le ultime elezioni in Portogallo: perché l’estrema destra è (quasi) diventata la seconda forza politica del Paese e da dove viene il crollo della sinistra
Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo senza prendere l’aereo.
Nelle puntate precedenti: il diritto a sedersi a Lisbona è una cosa seria, ma anche quello ad avere alberi e aiuole che si rispettino non scherza.
In questa: cosa è successo alle elezioni in Portogallo domenica scorsa, raccontato nella maniera più chiara e coinvolgente di cui io e il professor Riccardo Marchi siamo capaci.
(Sì, prima o poi torneremo a parlare anche di Spagna, lo prometto!)
Iniziamo!
I risultati, in breve:
Domenica il Portogallo è andato a elezioni anticipate dopo che a marzo il parlamento ha tolto la fiducia al governo del leader di centrodestra Luís Montenegro per un presunto conflitto di interessi tra la sua attività politica e l’azienda che aveva fondato nel 2021, Spinumviva. Chi ha preso più voti? Sempre il centrodestra.
Grande sorpresa della serata: il partito di estrema destra Chega quasi ruba il secondo posto al Partido Socialista. Dico quasi perché mancano ancora i voti di chi risiede all’estero (arrivano la settimana prossima): in ogni caso, il distacco è di poche migliaia di voti (il PS è al 23,38% e Chega al 22,56%) e per il momento hanno eletto lo stesso numero di deputati, 58. (Il titolo della newsletter viene proprio da qui ed è tratto dall'incipit di questo pezzo dell’Observador).
Il leader dei socialisti, Pedro Nunos Santos, si è dimesso la sera stessa delle elezioni e a breve il PS farà un congresso per scegliere il nuovo segretario.
Un dato da tenere a mente: la destra non è mai stata così forte in Portogallo dalla Rivoluzione dei Garofani. Insieme, i tre partiti (centrodestra, liberali ed estrema destra) hanno più del 60% dei voti.
In arancione il centrodestra, in rosa i socialisti, in blu l’estrema destra, in azzurro i liberali. Poi, la galassia di micropartiti di sinistra (in ordine: Livre, Coligação Democrática Unitária, Bloco de Esquerda, Pessoas-Animais-Natureza). Infine, Juntos pelo Povo, per la prima volta in parlamento (ed è anche il primo partito regionale a entrarci - è stato fondato infatti nel 2015 a Madeira).
Terremoto di magnitudo 22 della scala Chega
Per interpretare meglio i risultati e il futuro della politica portoghese, ho fatto una breve intervista a Riccardo Marchi, professore di Relazioni internazionali all’Università Lusófona di Lisbona ed esperto in movimenti di estrema destra nella penisola iberica.
Come è riuscito Chega a diventare quasi la seconda forza politica del Paese?
Nonostante una campagna elettorale non particolarmente brillante, nelle ultime settimane prima del voto due episodi hanno riportato Chega al centro dell’attenzione mediatica.
Il primo episodio riguarda alcune contestazioni da parte di gruppi rom che hanno seguito la carovana elettorale di Chega, denunciando le sue proposte antiziganiste. Questo ha dato grande visibilità al partito, rilanciandolo sui media nazionali.
Il secondo episodio ha riguardato un problema di salute del leader André Ventura: un semplice reflusso gastrico che, però, l’ha portato ad accasciarsi sul palco e a trascorrere una nottata in ospedale. Come spesso accade con i leader populisti, Ventura è riuscito a trasformare un fatto ordinario in un evento politico, drammatizzando l'accaduto e presentandolo come una conseguenza del suo totale impegno per la causa nazionale. Questo gesto ha attirato nuovamente l'attenzione dei media, amplificando la sua esposizione nei giorni cruciali della campagna.
Ma il fattore determinante è probabilmente il crollo del Partido Socialista, che ha perso oltre 400mila voti rispetto alle ultime elezioni legislative. Un risultato va interpretato alla luce di una profonda insoddisfazione che attraversa ampie fasce dell’elettorato portoghese, stanco di un'élite politica sia di centrodestra che di centrosinistra che da 50 anni si alterna al potere.
In questo contesto, molti elettori vedono in Chega e in André Ventura un’alternativa concreta, non percepita necessariamente come un pericolo per la democrazia, ma piuttosto come un attore politico legittimo e in grado di rompere con il passato.
Dal 2022 a oggi, il partito socialista è passato dall'avere la maggioranza assoluta a uno dei suoi peggiori risultati della storia. Cosa ha contribuito a questa caduta?
La crisi del Partido Socialista portoghese si è sviluppata in in due fasi. La prima inizia nel 2015, quando l’ex primo ministro socialista António Costa, pur non vincendo le elezioni, riesce a formare un governo grazie a un’alleanza inedita con il Partido Comunista Portoghese e il Bloco de Esquerda. Questa coalizione, inizialmente vista con diffidenza, si rivela efficace e gli permette di governare con una solida maggioranza parlamentare. Nel 2022, quando i due altri partiti lo sfiduciano, Costa ottiene una storica maggioranza assoluta, questa volta senza alleati.
Tuttavia, questa maggioranza è stata mal gestita, soprattutto su due fronti che hanno inciso pesantemente nella campagna elettorale del 2024 e continuano a farlo nel 2025: immigrazione e corruzione.
Durante il governo Costa, il Portogallo ha adottato una politica migratoria molto aperta, accogliendo grandi flussi da India, Pakistan, Bangladesh e Africa, in particolare dalle ex colonie portoghesi. Questo ha avuto un impatto significativo in aree urbane come Lisbona e in regioni agricole come l'Alentejo, generando tensioni legate a integrazione, sfruttamento lavorativo e condizioni abitative precarie. La questione migratoria è così diventata un tema centrale nel dibattito pubblico.
Il secondo fattore è stato lo scandalo di corruzione che ha travolto il governo, costringendo Costa alle dimissioni. Uno dei suoi collaboratori più vicini è stato trovato in possesso di 70mila euro in ufficio, senza spiegazioni chiare sull’origine del denaro. Questo episodio ha rafforzato la percezione di una gestione opaca e clientelare del potere.
Dopo le dimissioni di Costa, la guida del Partito Socialista è passata a Pedro Nuno Santos, un dirigente di lunga data, ex ministro, ma poco carismatico. La sua campagna elettorale è stata considerata debole e incoerente: da politico noto per toni aggressivi ha cercato di reinventarsi come figura moderata, senza riuscire a convincere né l’elettorato incerto né la base socialista.
Il declino ha colpito anche gli altri partiti di sinistra: il Bloco de Esquerda è quasi scomparso dal parlamento, passando da cinque a un deputato; il partito comunista è sceso da cinque a quattro seggi. Solo il partito Livre ha guadagnato terreno, ma con numeri molto ridotti. Si tratta dunque di una crisi profonda e generalizzata dell’intera sinistra portoghese.
Chi sono i papabili eredi di Pedro Nuno Santos, ormai ex segretario dei socialisti?
Al momento, il nome più accreditato per succedere a Pedro Nuno Santos è quello di José Luís Carneiro, ex ministro dell’Interno nel governo Costa e unico candidato ufficiale. Si tratta di una figura moderata e centrista che ha già dichiarato la volontà di perseguire una linea di dialogo con il governo dell’Aliança Democratica.
Circolano anche altri due nomi:
Fernando Medina, ex sindaco di Lisbona ed ex ministro delle Finanze, anche lui esponente dell’ala moderata e pragmatica del partito;
Mariana Vieira da Silva, ex ministra della Presidenza e figlia di una storica figura socialista. Anch'ella è considerata una centrista, ma la sua immagine pubblica è debole e abbastanza contestata.
Tutti e tre rappresentano un ritorno a una linea politica più moderata, in netto contrasto con Pedro Nuno Santos, che incarnava l’ala sinistra del partito e sosteneva un riavvicinamento ai partiti radicali.
Chi governerà ora in Portogallo?
Montenegro insiste sulla strategia di governo minoritario, come nel 2024: un esecutivo guidato solo dall’AD, che dialoga di volta in volta con gli altri due principali partiti (Partito Socialista e Chega), senza accordi formali né ruoli di governo per nessuno dei due.
Anche Chega ha chiarito la sua posizione: il leader André Ventura ha dichiarato che intende essere l’opposizione principale del governo AD. Un’opposizione dura ma responsabile, ovvero che non mira a far cadere (subito) il governo.
La sua strategia è chiara: mantenersi all’opposizione ora, permettere al governo AD di lavorare senza ostacolarlo, per poi – se i sondaggi lo confermeranno – diventare il primo partito del Paese e rivendicare per sé la presidenza del Consiglio. L’idea è che, una volta dimostrata la propria responsabilità durante la legislatura, gli altri partiti saranno moralmente obbligati a permettere a Chega di governare con la stessa formula di dialogo puntuale che oggi AD reclama per sé.
Luís Montenegro continua a ribadire il suo rifiuto a ogni accordo con Chega, e il presidente della Repubblica non sembra disposto a farsi garante di un’alleanza di destra più ampia. In questo contesto, Ventura porta avanti la sua strategia, posizionandosi come il leader dell’opposizione e puntando al sorpasso definitivo nei prossimi anni.
Per approfondire:
Dall’archivio di Ibérica: il profilo di André Ventura che ho scritto poco più di un anno fa:
Il pezzo che ho scritto per SKYTG24 per raccontare l’ascesa di Chega negli ultimi sei anni, con grafici e dati (e con paywall).
Una promessa
“Quando i giornali si occupano delle elezioni nei vari paesi del mondo, anche con accenni alle problematiche socioeconomiche del posto, quello di cui poi si sente la mancanza è cos’è successo dopo, chi ha vinto le elezioni.
E noi lettori rimaniamo ‘appesi’.
Per esempio, ero interessato alle elezioni in Finlandia. E poi? Mi sono dovuto documentare in rete”, ha raccontato un anno fa un lettore di Internazionale, Stefano, in un’email alla redazione.
“A volte il seguito di una notizia è perfino più importante della notizia stessa. Cercare di capire cos’è successo dopo, come giustamente invita a fare Stefano, è essenziale. E anche capire cos’è successo prima. Perché le notizie sono sempre parte di un processo lungo e ampio”, ha risposto Giovanni De Mauro, direttore della rivista.
Ecco, la promessa di Ibérica è un po’ questa: raccontarti cosa succede, settimana dopo settimana, in Spagna e Portogallo. Prima, dopo e durante le elezioni.
Se vuoi aiutarmi a mantenere questa promessa, puoi sostenere il mio lavoro con una donazione (solo per oggi o una al mese):
Ibérica è infatti un progetto indipendente: il tuo sostegno è fondamentale per permettermi di dedicare sempre più tempo e risorse per scoprire e raccontare storie uniche dalla penisola iberica.
È tutto per oggi!
Se la newsletter di questo venerdì ti è piaciuta, aiutami a far conoscere Ibérica ad altre persone. Inoltra questo numero o clicca qui:
Se invece ti hanno inoltrato questa mail, questa è la tua occasione per iscriverti:
A presto,
Roberta