Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
Questa settimana torno a parlarti a Lisbona, a costo di sembrarti ossessionata da quel che sta succedendo laggiù.
Qualche mese fa infatti una delle lettrici di questa newsletter, Giulia, ha gentilmente accettato di raccontarmi la sua breve ma significativa esperienza come nomade digitale a Lisbona.
Spero che il suo racconto possa dare un tocco umano a una crisi abitativa e sociale di cui ho l’impressione si parli sempre troppo poco.
Iniziamo!
Perché sono andata via da Lisbona
Sono arrivata a Lisbona nel giugno del 2022.
Avrei dovuto arrivarci due anni prima, ma la pandemia ha mandato all’aria i miei progetti.
Il mio piano, però, era rimasto lo stesso: continuare a occuparmi di comunicazione digitale e organizzazione di eventi culturali da remoto e allo stesso tempo avvicinarmi a quel mondo di festival, gallerie, eventi e spazi indipendenti di Lisbona che seguivo a distanza con molto entusiasmo, in cerca di ispirazione e nuove collaborazioni.
Non era la mia prima volta in Portogallo: ero stata in Erasmus a Porto e ci ero tornata prima per un'esperienza lavorativa dopo la laurea e poi a trovare gli amici che avevo lì, anche più volte l’anno.
La casa che avevo prenotato con mesi di anticipo doveva essere in una zona che conoscevo, il quartiere di Graça.
Quando sono arrivata lì insieme al mio compagno mi sono resa conto di essere finita in una specie di limbo edilizio.
Nel quartiere in cui ero e in molti altri, il turismo di massa aveva fatto in modo che i negozi non fossero più pensati e destinati ai residenti, ma quasi esclusivamente ai turisti.
Da un lato, palazzi modernissimi, coworking da 35 euro al giorno, negozietti vintage e artigianato molto cool, caffetterie alla moda. Dall’altro, case popolari e persone in grave difficoltà economica.
In mezzo, noi, turisti, expat e nomadi digitali.
In quella zona, il rumore dei trolley sull’asfalto si sentiva a qualsiasi ora del giorno e della notte, così come quello dei tuktuk.
Ricordo che un giorno in strada mi è capitato di sentire la conversazione tra due vicine. Una delle due diceva all’altra che da quella zona stavano mandando via tutti e che i prossimi sarebbero stati loro. Con loro intendeva l’altra signora originaria del Bangladesh e la sua famiglia.
Anche io avevo la sensazione che da lì se ne sarebbero andati via tutti e che Lisbona sarebbe diventata un enorme Airbnb a cielo aperto.
Alla fine me ne sono andata io, mi sembrava di star alimentando qualcosa che non sentivo mio e che si allontanava dal mio obiettivo iniziale.
Per me essere a Lisbona era un piccolo sacrificio, il risultato di mesi di risparmi messi da parte per permettermi di esplorare le realtà culturali che mi avevano incuriosita e che per anni avevo solo guardato da lontano, attraverso uno schermo.
In quel periodo, avevo cercato di avviare qualche collaborazione, ma era estate e la maggior parte delle attività erano chiuse o poco collaborative.
Anche il Pigneto, il quartiere dove sono tornata Roma, non è più quello di qualche anno fa. È un quartiere in cui la gentrificazione esiste ed è tuttora molto evidente, ma dove è avvenuta in maniera più graduale.
Anche qui alcune persone se ne sono dovute andare perché gli affitti sono diventati troppo alti. Altre se ne sono andate per sfuggire al rumore che c’è qui di notte, alla movida e allo spaccio.
A Lisbona tutto questo arriva ora, in maniera se possibile ancora più estrema, e il contrasto è fortissimo.
E io pensavo che i contrasti mi piacessero, che fossero loro a rendere una città unica, interessante.
Sono tornata a Roma con tanti interrogativi sull’impatto che il turismo di massa ha sulle nostre città e sui fenomeni urbani che cambiano e sostituiscono le identità dei quartieri.
Domande a cui cerco ancora di trovare una risposta.
🌃Perché non vivi più a Lisbona?
O a Barcellona, Porto, o in altre città spagnole o portoghesi dove vivere è sempre più difficile?
Se ti va di raccontarmi la tua storia o semplicemente commentare quella di Giulia, rispondi a questa mail!
Para 📖
Per rimanere in tema, una bella riflessione di Ferdinando Cotugno (manco a farlo apposta) su turismo ed etica.
Non c’è una soluzione facile a questo dilemma etico, forse viaggiare va considerato come un vizio necessario, come l’alcol. Non ha senso sostenere che faccia bene alla salute, ma che senso avrebbe immaginare un mondo senza vino?
Domenica scorsa in Spagna ci sono state le elezioni comunali e regionali. Il partito del premier Pedro Sánchez ne è uscito malissimo e ha preso una decisione drastica: anticipare le elezioni generali a luglio. Se vuoi capire meglio cos’è successo, ne ho scritto questa settimana per Linkiesta.
Lo scorso fine settimana sono stata al Salone del Libro e sono riuscita a comprare solo due libri. Uno di questi l’ho iniziato e finito in poche ore, ma so che mi rimarrà in testa a lungo. È Il tarlo, un romanzo scritto dall’autrice spagnola Layla Martínez, che parla di una casa che soffre, urla e si arrabbia insieme alle due donne che la abitano. Mi è piaciuto tantissimo!
Al Salone ho anche partecipato alle presentazioni di tre libri che sono finiti dritti nella mia wishlist: I solchi del destino di Paco Roca, Dysphoria Mundi di Paul B. Preciado e Farmaco di Almudena Sánchez.
Para 🎧
Nove anni fa, il re Juan Carlos I annunciava la decisione di abdicare. In occasione di questo anniversario, ti consiglio due podcast per conoscere meglio la vita del re emerito, che è ricca di aneddoti stupefacenti.
(Te ne anticipo uno: nel 1956, Juan Carlos ha ucciso il fratello Alfonso sparandogli per sbaglio un colpo in testa).
I due podcast che ti consiglio sono la prima stagione di XRey (in spagnolo), che racconta tutta la sua vita, e Corinna y El Rey (in spagnolo o in inglese), che si concentra sulla sua relazione extraconiugale con la nobile tedesca Corinna zu Sayn-Wittgenstein.
Para 👀
La reazione della giornalista Àngels Barceló all’annuncio delle elezioni anticipate in Spagna.
Questa foto, scattata nel 1992 prima delle Olimpiadi a Barcellona.
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Roberta