Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo senza prendere l’aereo.
Nelle puntate precedenti: cosa succede negli allevamenti intensivi di suini in Portogallo e come costruire un bagno pubblico ambulante che funziona meglio di quelli che trovi nella tua città.
In questa: domenica ci sono state manifestazioni contro il turismo di massa in decine di città del Sud Europa, tra cui Barcellona.
Ci sono andata anche io e questo è il mio racconto (un po’ più personale del solito). Due informazioni da tenere a mente:
Nel 2024 in città si era tenuta una protesta simile: le foto di alcune manifestanti che sparavano ai turisti con delle pistole ad acqua erano state ampiamente riprese dai media internazionali;
La settimana scorsa il governo della Catalogna ha raggiunto un accordo con AENA, la società che detiene la maggior parte degli aeroporti pubblici spagnoli, per ampliare l'aeroporto di Barcellona (ma le proteste coordinate di domenica erano in programma già da mesi).
Iniziamo!
Non il solito articolo sul turismo di massa a Barcellona
“Cosa mangeremo, aerei?”, chiede una donna a un giornalista. Ha un ciuffo blu in mezzo ai capelli bianchi e un cane al guinzaglio.
Vive nel quartiere di Gràcia, nel cuore della città, ma si ricorda di quando a El Prat de Llobregat, la zona dove si trova l'aeroporto di Barcellona, si coltivavano asparagi e carciofi.
Il giornalista le chiede se anche lei fa turismo. “Sì, anche io sono una turista e cerco opzioni economiche quando viaggio”, ammette.
Ma poi cambia in fretta discorso, si lamenta degli stranieri che pisciano dappertutto. Indica il cane: “perfino lui è più educato”. Anche il cane ha un ciuffo blu in testa.
Prima che il corteo parta, su un lato della strada si improvvisa una piccola conferenza stampa.
“Il messaggio che vogliamo mandare non è ai turisti, ma ai politici. I turisti non hanno colpe”, spiega Daniel Pardo, portavoce dell’Assemblea de Barris pel Decreixement Turístic (Assemblea dei quartieri per la decrescita turistica), la piattaforma che ha organizzato la manifestazione a cui hanno aderito più di un centinaio di associazioni.
Poi dice anche di aver chiesto ai manifestanti di portare le loro pistole ad acqua, che sono “un simbolo popolare della resistenza al saccheggio causato dalla monocultura turistica”.
In effetti, le pistole non mancano. Le hanno in mano adulti e bambini. E come ha detto Cechov, se c’è una pistola, prima o poi deve sparare.
Ai microfoni c’è anche Ariadna Cotén, membro di Zeroport, associazione che lotta per la decrescita del porto e dell’aeroporto di Barcellona.
Spiega che l'ampliamento dell’aeroporto porterà 15 milioni di viaggiatori in più all’anno, per un totale di 70 milioni.
Zeroport spera di bloccare il progetto, come è già successo nel 2021, ma il panorama politico è cambiato: c’è un socialista alla guida del Comune di Barcellona, uno alla guida della regione e uno al governo. Difficilmente si faranno la guerra.
Oltre alla pressione della cittadinanza, l’unico vero ostacolo viene dalla Commissione europea. L’allungamento della terza pista di atterraggio andrebbe a interessare una zona del delta del fiume Llobregat che fa parte della Rete Natura 2000, un insieme di aree dove si trovano habitat e specie la cui protezione e conservazione è prioritaria per gli Stati dell’Unione.
Il Consiglio di ministri spagnolo, che affronterà la proposta nel 2026, dovrà quindi dimostrare alla Commissione che esistono ragioni imperiose di interesse pubblico per costruire nell’area.
Salvador Illa, il presidente della Catalogna, ha già spiegato che l’obiettivo del progetto non è attrarre più turisti, ma favorire la connessione della regione con il maggior numero di città al mondo. L’ampliamento della pista permetterebbe infatti un maggior numero di voli intercontinentali.
I membri di Zeroport hanno già organizzato una nuova manifestazione per fine giugno.


Di fronte al turismo, tutti gli abitanti sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri. Lo striscione che apre la manifestazione è nelle mani delle persone meno uguali di tutte: quelle che lavorano nel settore e che quindi se ne subiscono per prime le conseguenze.
Ci sono le kellys (dallo spagnolo, las que limpian, “quelle che puliscono”: le cameriere di piano degli hotel, che hanno formato un sindacato), autiste e autiste dei bus che percorrono gli itinerari più turistici e il personale dell’Hospital del Mar, l’ospedale che si trova vicino alla spiaggia di Barceloneta, il cui Pronto soccorso viene sommerso dai turisti ogni estate.
In quella prima fila ci dovrebbe essere anche Xavi Dua, attivista per i diritti delle persone disabili ed ex reporter per la televisione betevé, per la quale ha curato un programma sugli ostacoli che affrontano le persone disabili a Barcellona.
“È dagli anni Sessanta che i collettivi lottano per trasformare questa città in una città accessibile e ora ci stanno sbattendo tutti fuori. Si costruiscono poche case: di quelle che si costruiscono, solo il 30% sono case popolari e di queste solo il 2% devono essere accessibili per legge. Negli edifici che esistono già, gli alloggi accessibili solo spesso quelli al piano terra, gli stessi che vengono affittati soprattutto ai turisti”, mi ha spiegato. A peggiorare la situazione c’è anche l’ampliamento dei dehors che riduce lo spazio di transito sui marciapiedi.
“Ormai ci ho rinunciato, sono andato a vivere fuori città. Anche perché se dovessi vivere qui, dovrei abbassare di molto i miei standard: dire addio a bagno e cucina costruiti per persone con disabilità motorie e cercare semplicemente un alloggio dove riuscire a entrare dalla porta principale con la sedia a rotelle”.
In un’intervista del 2020, Dua ha anche ricordato che per le persone disabili è molto difficile rivolgersi a un’agenzia immobiliare. “Le compagnie di assicurazione le convincono a non fare contratti alle persone disabili. In caso non riuscissimo più a pagare l’affitto, infatti, sfrattare una persona che si muove in sedia a rotelle farebbe fare una pessima figura all’agenzia”, ha detto.


Il problema non sono i turisti, secondo l’organizzazione, eppure fin dall’inizio le persone che sono scese in strada gridano:
"Tourists go home". "Il turista migliore resta a casa sua"."Tutti i turisti fuori dai quartieri". “Stranieri, stranieri ovunque”.
Un cartello suggerisce: “Balconing is fun”. Il riferimento è al tentativo che alcuni turisti fanno di lanciarsi dai balconi degli hotel dritti nelle piscine sottostanti. Spesso non fanno centro.
Ogni volta che sfilano davanti a un bar, decine di fotografi si allineano alle spalle dei turisti che fanno pranzo, nella speranza di replicare la foto dell’anno scorso. Alcuni ci riescono, anche se la maggior parte dei getti d’acqua finisce sugli edifici o sugli stessi manifestanti (sono le 14, fa caldo).
Il corteo si ferma per tre volte: davanti a un negozio di Louis Vuitton (che l’anno scorso aveva affittato il Parc Güell per una delle sue sfilate), davanti a un ostello (dove uno dei lavoratori dello stabilimento viene coperto di insulti) e a pochi isolati dalla Sagrada Familia.
Qui il racconto si fa incerto: non è chiaro se l’organizzazione avesse i permessi per arrivare fino di fronte al monumento o no. Dopo una lunga trattativa, la polizia li lascia passare a un isolato di distanza, in modo che si riesca a ottenere una foto dei manifestanti e della chiesa nello stesso scatto.
“Il nostro obiettivo era avere le telecamere di tutta l’Europa su di noi. Direi che lo abbiamo raggiunto”, mi ha detto Andrés, uno degli organizzatori della protesta.
E ha ragione. Una manifestazione che ha raccolto centinaia di persone (secondo le autorità circa 600, alle quali si sommano quelle che hanno partecipato lo stesso giorno in una decina di città dell’Europa del Sud) è stata di nuovo ripresa da numerose testate internazionali.
Le pistole ad acqua hanno funzionato. La foto a effetto davanti alla Sagrada Familia, pure.
Il messaggio? Forse un po’ meno.
Un’opinione (da condividere o no)
Puntare, letteralmente, il mirino sui turisti è di grande effetto. Ma i turisti non votano. E non sarà un po’ d’acqua a frenare gli spostamenti di milioni di persone (che sia per divertimento o per sopravvivenza, come insegna il caso delle persone migranti).
Dire che il turismo non è la soluzione a tutti i mali di un Paese (anzi) e che va gestito, regolamentato, ripensato, è rivoluzionario.
Dire che i turisti, e più in generale gli stranieri, qui, non ci devono venire, è il primo passo per autorizzare discorsi e gesti ben più violenti.
Dalla città pioniera in Europa nella lotta contro la crisi abitativa e la turistificazione, penso dovremmo aspettarci tutti e tutte di meglio.
Para 📚
Due cose che ho scritto di recente per Domani: Spagna, il governo Sánchez traballa di fronte alle accuse di corruzione e Gli affitti brevi, il modello Barcellona e il confronto tra Spagna e Italia.
E una per SKYTG24: Cos’è la violenza ostetrica e perché il Portogallo la mette al bando.
Para 🎧
Questa puntata di Città invisibili, un podcast della Radiotelevisione Svizzera Italiana, a cura di
, su Palma de Maiorca.Se capisci lo spagnolo, ti consiglio questa puntata del podcast Ciberlocutorio (sì, sempre lui, lo so, non ne esco) e in particolare l’intervista a Fabiola Mancinelli, esperta in antropologia del turismo:
È tutto per oggi!
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Roberta
Condivido in pieno ma mi piacerebbe anche che fosse segnalato il suo corollario: in una città turistica anche i turisti si muovono male in quanto non hanno la libertà di godersi quello che vedono e sono costretti ad investire denaro in attività che non vorrebbero fare.
A Barcellona questa sensazione di "pollo da spennare" è stata più forte che da altre parti: nessun punto informativo riconoscibile, servizi carissimi, poca cura ed attenzione al cliente, costi esorbitanti.
C'è un altro aspetto secondo me della questione, ed è la prepotenza di un certo tipo di turista. E con quel genere di turista bisogna prendersela eccome. Non è solo una questione politica. Sta passando l'idea che se ti paghi un volo low cost gli abitanti del posto avranno il dovere di fare da scenografia delle tue vacanze. Hai diritto a tutto, con un volo Ryanair e un Airbnb: posto a sedere sul treno a dispetto dell'età di chi resta in piedi, passare ovunque e guardare ovunque anche se sono zone private, mangiare come a casa tua, a qualunque ora te ne venga voglia, parlare inglese e pretendere che ti rispondano nello stesso modo. Questo tipo di turista deve essere messo nelle condizioni di farsi due domande sul suo diritto di muoversi nei posti che visita. La frase sul balconing è agghiacciante e non fa onore a chi l'ha scritta e ostentata, ma per il resto i turisti hanno una buona parte di responsabilità, perché sono loro a decidere quanto rispettare i posti in cui vanno e come muovercisi. E qui lo stanno facendo malissimo.