La seconda lingua più parlata in Spagna
È il catalano, di quelle co-ufficiali, anche se negli ultimi anni sempre meno persone lo parlano per una serie di motivi che uniscono cultura, scuola e immigrazione
Ciao!
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Breve informazione di servizio: causa rientro a Barcellona più caotico della visita del presidente argentino Javier Milei in Spagna (il podcast Il Mondo ne fa un bel riassunto), la prossima settimana Ibérica salta un turno e torna venerdì 7 giugno.
Ma oggi, iniziamo!
La seconda lingua più parlata in Spagna
Qualche settimana fa, Silvia, una delle lettrici di Ibérica, mi ha segnalato su LinkedIn un articolo molto interessante.
L’articolo è Il catalano si parla sempre meno, scritto dalla redazione del Post. Con il tempo, nei commenti è nato un piccolo dibattito che vorrei approfondire insieme a te e alle altre persone che leggono Ibérica.
Ma prima, un po’ di contesto.
La lingua ufficiale della Spagna è lo spagnolo (o castigliano), ma in alcune regioni sono riconosciute anche quattro altre lingue co-ufficiali: il catalano, il basco, il galiziano e l’aranese.
Esistono poi altre lingue non co-ufficiali e numerosi dialetti. (Breve inciso: per la linguistica, non esiste una differenza scientifica tra lingua e dialetto: molto spesso a fare la differenza è l’uso ufficiale, da parte delle amministrazioni e della scuola).
Secondo gli ultimi dati raccolti dalle autorità catalane, solo il 25% delle persone tra i 15 e i 34 anni usano abitualmente il catalano, mentre il 48,8% usa lo spagnolo. Lo stesso vale in altre fasce della popolazione.
Nel 2003, invece, il catalano era la lingua di uso abituale per il 46% della popolazione.
I motivi di questo calo, secondo gli esperti e le esperte, sono molti:
L’immigrazione: 3 persone su 4 in Catalogna sono nate in un’altra regione o in un altro Paese o lo ha fatto uno dei loro genitori (ci torniamo dopo);
La mancanza di prodotti culturali, specialmente per giovani e bambini. Con la crisi del 2008, la produzione di contenuti della televisione catalana (TV3) si è ridotta molto e un’intera generazione è cresciuta senza prodotti audiovisivi di riferimento. Nel frattempo, si sono diffusi i social network e le piattaforme di streaming, i cui algoritmi premiano le lingue più diffuse.
“Il catalano ha perso la sua capacità di attrarre i giovani perché non è presente negli spazi di digitali”, ha spiegato a El País il professore di sociolinguistica Miquel Àngel Pradilla.
Quest’assenza ha conseguenze “sul legame identitario e sull’autostima linguistica. I giovani possono arrivare a chiedersi se il catalano è una lingua con cui si può fare musica, creare contenuti o socializzare o no”, aggiunge un altro sociolinguista, Avel·lí Flors.
Le politiche linguistiche a scuola. Come riassume Il Post:
“Tra gli anni Ottanta e Novanta erano state approvate diverse leggi a favore della cosiddetta “immersione linguistica”, leggi che avevano cioè permesso il ritorno del catalano nelle scuole in maniera quasi predominante rispetto al castigliano relegando l’insegnamento di quest’ultimo alle ore di lingua, al pari di francese o inglese.
Questa predominanza era stata però messa in discussione più volte: nel 2021, dopo che decine di famiglie si erano rivolte ai tribunali, la Corte Superiore di Giustizia della Catalogna (TSJC) aveva stabilito l’obbligo dell’aumento dell’uso del castigliano nelle materie fondamentali.
La decisione aveva portato a polemiche e proteste e a una politicizzazione esplicita della questione che era già iniziata nel 2012”.
“In Catalogna non esiste immersione linguistica, ma imposizione linguistica. Questa ossessione per il catalano non ha gli effetti sperati. Molte persone hanno smesso di parlare catalano per questo”, ha detto a El País Ana Lozano, presidente dell’Asamblea para una escuela bilingüe en Cataluña.
I dati, però, non rispecchiano le sue impressioni: l’uso abituale del catalano si è mantenuto tra il 35 e il 36% dal 2008 al 2018, il decennio più acceso del processo indipendentista catalano.
Un altro dato interessante, prima di tirare le fila: mentre il catalano, la lingua co-ufficiale più diffusa in Spagna si parla sempre meno, il basco, la lingua meno diffusa, ne guadagna sempre di più. E soprattutto tra le persone giovani.
Il 19% delle persone che parlano bene basco hanno tra i 10 e i 19, mentre a parlare meglio il galiziano e il catalano sono gli adulti tra i 40 e i 49 anni.
Le persone che imparano il basco o sono bilingui fin dall’infanzia sono il doppio rispetto a trent’anni fa: la maggior parte l’ha imparato fuori casa, a scuola o nei centri linguistici, e lo parla a lavoro, con gli amici, nei negozi, negli ospedali e con le amministrazioni.
Il catalano si parla sempre meno, quindi. Lo dicono i dati. Ma la percezione di chi arriva da fuori, tra cui gli immigrati italiani, è molto diversa.
Alice Orrù, autrice di : Per me è una prospettiva interessante perché diverge moltissimo dalla mia realtà quotidiana. Sarà che vivo in un paesino di provincia (a 50 km da Barcellona) molto orgoglioso, ma la maggioranza delle persone di qui parla il catalano come prima lingua, a prescindere dall'età. Anzi: per me e la mia famiglia allargata, che non parliamo catalano pur capendolo bene, l'integrazione non è stata delle più semplici. In questi 12 anni da emigrata in Catalogna, e anche quando vivevo a Barcellona, ho vissuto piccole discriminazioni per il fatto di non parlare catalano e sono stata spesso testimone, anche di recente, di azioni discriminatorie verso persone di origine non catalana (nei bar, in treno, in certi uffici pubblici). La questione linguistica catalana è davvero spinosa e in continua evoluzione: io la guardo con molta curiosità, perciò grazie per aver sollevato il tema!
Valeria Guardo: Ho abitato per un periodo a Minorca e ho dovuto impararlo per politica "aziendale" anche se molto spesso nelle conversazioni rispondevo in castigliano, dovevo però capirlo per leggere documenti ufficiali e rapportarmi con la cittadinanza che parlava quasi esclusivamente catalano. Meglio, menorquín! Sull'isola, a meno di eccezioni, tutto era scritto in catalano e tutti ti parlavano catalano di default. I più anziani o qualcuno di più politicamente schierato si sono rifiutati all'inizio di parlarmi castigliano, nonostante non avessi ancora approcciato il catalano e, concludo, per aspirare a posizioni lavorative in enti pubblici è obbligatorio dimostrare di possedere un livello almeno intermedio della lingua.
Ruben Vitiello: Non ho mai riscontrato ostilità per il fatto di non parlarlo, per contro ho visto un generale apprezzamento verso la volontà di studiarlo o almeno provare a usarlo in una conversazione. Poi col fatto che lo capisco posso dichiarare subito: "Parla pure catalano, ma ti rispondo in castigliano". Di base però cambia tanto tra città ed entroterra e da persona a persona: so di gente che ha subito piccole o grandi discriminazioni per il fatto di non usare il catalano. Comunque, tra i miei buoni propositi per il futuro c'è quello di fare un corso per arrivare almeno a poter conversare, ma al momento potrei farne anche a meno; sarebbe più per conoscenza personale.
Anche la mia è molto simile: sento il catalano ovunque e spesso le persone mi incoraggiano a parlarlo e si "aspettano" almeno che possa reggere una conversazione semplice.
E da una parte, dico, giustamente. Da un’altra, a tratti questo atteggiamento diventa fastidioso, se non discriminatorio.
Mi chiedo, però, se gli sforzi per difendere il catalano mi sembrerebbe comunque così intensi se venissi da un altro Paese.
Un Paese con un’altra storia linguistica, più antica: in fondo, l’italiano per come lo conosciamo nasce a metà Ottocento. E nasce sulla repressione di altre minoranze linguistiche e dialetti che forse non è mai finita.
Che ne pensi? Rispondi a questa mail o lascia un commento più sotto, se ti va: vorrei che questa newsletter non finisse qui, ma che diventi una conversazione a più voci.
Per approfondire:
A proposito di minoranze linguistiche in Italia: ti consiglio Voci Nascoste - Le lingue che resistono, il podcast di Chora Media che racconta le comunità italiane in cui si parla patois, greco-salentino e arbëreshë. Voci Nascoste è anche una mostra fotografica che puoi visitare fino al 2 giugno al Centro Italiano per la Fotografia di Torino: ci sono stata qualche giorno fa, ecco le fotografie che mi porto nel cuore:
La televisione catalana sta cercando di recuperare il tempo perso con il progetto EVA, un canale per i giovani che ha una strategia di diffusione social su Instagram, TikTok, Twitch e YouTube abbastanza pazzesca.
L’anno scorso invece alcuni comuni di Girona hanno lanciato una challenge per sfidare le persone a parlare solo catalano per 21 giorni, senza passare mai allo spagnolo.
In questa intervista, la calciatrice Aitana Bonmatí e l’allenatore Pep Guardiola parlano, tra le altre cose, del loro rapporto con il catalano (grazie per la segnalazione, Claudia!).
Ok i film e le serie, ma si può essere sexy in catalano? La risposta sembra essere: sì (grazie per la segnalazione, Alice!).
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Para 🎧
Dentro di me ci sono due lupi ed entrambi sono usciti fuori durante l’intervista che Pietro e Simone di
mi hanno fatto per la puntata del loro podcast dedicata a come arrivano Spagna e Portogallo alle elezioni europee.
Para 👀
È stato accolto con grande entusiasmo al Festival di Cannes Emilia Pérez, il musical del regista francese Jacques Audiard che ha come tra le protagoniste l’attrice trans spagnola Karla Sofía Gascón. Qui il trailer.
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È iniziato ieri Indielisboa 2024, il festival internazionale di film indie: dura fino al 2 giugno e sono molto gelosa di chi ci andrà;
Fino all’8 giugno a Genova si terrà il Bigas Luna Tribute, un evento realizzato in numerose città del mondo per ricordare e riscoprire l’opera cinematografica e artistica del regista spagnolo Bigas Luna attraverso mostre, retrospettive e incontri. Trovi il programma completo qui: noi invece di questo regista avevamo già parlato qui.
È tutto per oggi!
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A presto,
Roberta
ciao, volevo scrivere settimana scorsa poi mi sono perso e torno oggi. Vivo a Madrid da 9 anni e vengo da Gorizia, un posto dove si parlano 4 lingue(italiano, sloveno, friulano e dialetto istro-veneto) e dove le divisioni ed il nazionalismo hanno lasciato ferite profonde. Forse per questo personale vedo una questione interessante e sicuramente culturalmente rilevante scivolare su un piano ideologico pericoloso in quanto reazionario e chiuso.
Ad esempio sabato ero a Barcelona, in un supermarket c’era per ogni sezione la parte con la bandiera catalana e la scritta “i nostri prodotti”. Una cosa di un nazionalista becero e patetico che fa a gara con le bandierine italiane su confezioni di latte e biscotti che trovano da noi. Rivendicare la propria originalità portandola ad uno scontro d’identità è criminale da parte di chi lo applica, soprattutto perché la consapevolezza di chi pianifica questi comportamenti va spesso a sbattere con l’ignoranza di chi viene abbagliato da queste chimere. L’amore e la passione per la propria storia si fa con lo studio del passato, fondamentale per comprendere il presente. E più si guarda al passato più si scoprono i vari livelli di complessità. Magari in Polinesia o in Australia questo discorso può essere differente, ma in Europa dai non prendiamoci in giro. Fortunatamente all’ anagrafe il mio nome è stato registrato così come sta anche se è sloveno, cosa che non è successa al cognome di mia madre che durante il fascismo è stato italianizzato. Se stessi ancora a rivendicare la brutalità del fascismo (e del regno d’italia ) nella mia terra di origine e le altrettante nefandezze eseguite in forma di rappresaglia dai partigiani titini al finire della seconda guerra mondiale, magari rivendicando di quanto si stava bene centocinquanta anni fa sotto l’impero Asburgico starei solo alimentando odio e divisione, tra l’altro contraddicendomi. Lo so che rifletto troppo sul personale situazioni simili ma con una propria storia a se, ma vedo comunque gli stessi semi d’incomprensione e odio prendersi la scena sulla bellezza e la ricchezza della cultura (e della sua multiculturalità intrinseca).
Che puntata bellissima, le riflessioni sulle lingue areali mi accendono! E grazie per la dritta sul podcast "Voci nascoste", che mi mancava 😉.