Il secolo della balena
Per oltre cento anni, le isole Azzorre sono state uno dei principali centri della caccia alle balene, attività che ha profondamente segnato l'identità degli abitanti di questo arcipelago.
Ciao!
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Uno dei migliori podcast che ho sentito negli ultimi mesi parla di balene e dei suoni straordinari che fanno per comunicare.
Si chiama Sonar e l’ha scritto e narrato (benissimo) Nicolò Porcelluzzi. Mentre lo stavo ascoltando, un passaggio mi ha colpita:
“Forse avete letto qualche romanzo ambientato nell’Ottocento o visto qualche film in costume, tipo Il Gattopardo o Anna Karenina. Ecco, se state immaginando dei balli illuminati a giorno o dei treni che investono persone, considerate che le principali fonti di energia dell’epoca erano il carbone e gli spermaceti dei capodogli”.
Lo spermaceti è una sostanza oleosa che si trova nella testa di alcuni tipi di cetacei, che per secoli sono stati cacciati per illuminare case e stanze, ma anche produrre saponi e cosmetici.
Con un po’ di ricerca, ho scoperto che uno dei luoghi simbolo della caccia alla balena sono state le Azzorre, un arcipelago di 9 isole situate nell’Oceano Atlantico e appartenenti al Portogallo.
Questa è la storia del loro secolo della balena: di come è iniziato, cosa ha significato per i suoi abitanti e in cosa si è trasformato oggi.
Iniziamo!
(Trigger warning: la newsletter di oggi contiene foto di animali morti!).
Il secolo della balena alle Azzorre inizia e finisce in due date ben precise: 1876 e 1987.
Il primo è l’anno in cui il capitano Anselmo da Silveira avvia la caccia alla balena nell’isola di Pico.
Il secondo è quello in cui alle Azzorre viene catturato l’ultimo capodoglio.
La storia della caccia alle balene, però, inizia secoli prima: nel Paleolitico, addirittura, a opera delle popolazioni della Corea del Sud e dell’Alaska. (Tra l’altro, nel Medioevo i migliori cacciatori di balene sono i baschi: ma questo è materiale per un'altra newsletter).
Per le Azzorre, la svolta arriva tra il Settecento e l’Ottocento, quando i sempre più potenti balenieri statunitense iniziano a fare tappa in queste isole per fare rifornimento, riparare le barche e reclutare nuovi marinai.
Molti isolani scelgono di partire, nella speranza di tornare dalle loro famiglie con più soldi di quanti potessero guadagnare continuando a coltivare arance e allevare bovini.
E si fanno riconoscere: in Moby Dick, Herman Melville scrive:
“Non pochi di questi balenieri provengono dalle Azzorre, dove le navi del Nantucket dirette in mari lontano approdano sovente per aumentare gli equipaggi con coraggiosi contadini di queste coste rocciose. Non si sa bene perché, ma il fatto è che gli isolani sono i balenieri migliori”.
Talmente bravi, insomma, che dopo aver imparato ad avvistare, arpionare e macellare balene sulle navi statunitensi, i marinai delle Azzorre decidono di tornare a casa e mettersi in proprio.
I balenieri delle Azzorre non hanno bisogno di lunghe traversate oceaniche: le isole in cui abitano sono uno dei luoghi dove si ritrovano un terzo dei cetacei al mondo, tra cui i capodogli, specie dalla quale è possibile ricavare la maggiore quantità di olio.
Qui le cose funzionavano così: una sentinella passava la giornata a scrutare l’oceano alla ricerca di alte colonne d’aria e acqua, il segnale che una balena è tornata in superficie per respirare.
Una volta avvistata, gli isolani salivano su piccole barche di legno e remavano verso l’obiettivo.
“L’idea che i balenieri fossero anche pescatori è sbagliata”, spiega infatti Albano Cymbron, proprietario della prima fabbrica di lavorazione delle balene delle Azzorre, in questo documentario disponibile su Netflix. Le balene si cacciano di giorno, il resto dei pesci di notte: fare entrambe le cose era impossibile.
Anche occuparsi “solo” della caccia alle balene era impossibile: durante il resto del tempo, i balenieri qui erano anche e soprattutto agricoltori o piccoli commercianti.
Dalla terra, la sentinella guidava i balenieri verso la preda attraverso segnali di fumo o bandiere. Una volta vicini alla balena, un marinaio si posizionava a prua e puntava il suo arpione.
Colpita, la balena iniziava ad agitarsi: la corda a cui era legato l’arpione permetteva ai balenieri di continuare a seguirla per almeno un chilometro in lunghezza o profondità.
Quando tornava in superficie per respirare, la balena veniva colpita con delle lance. L’obiettivo: il cuore, per ucciderla in fretta. “Il sangue delle balene si sparge per metri e metri e attira mante e squali”, racconta nel documentario un ex baleniere, João Luis Mariano.
Una volta uccisa, la balena veniva trascinata a riva e poi trasportata fino alla fabbrica dove veniva processata.
Non si buttava via quasi niente: oltre a estrarre l’olio dalla testa e a sciogliere grasso e ossa, le interiora venivano setacciate alla ricerca della preziosa ambra grigia, una sostanza che le balene producono per proteggere il loro intestino dai resti dei becchi dei calamari e che veniva utilizzata per produrre profumi (oggi ne esiste un sostituto chimico, l’ambrox).
Si stima che negli anni Quaranta, il 40% delle balene catturate in tutto il mondo venissero dalle Azzorre.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, la domanda di olio di balena iniziò a calare, a causa anche allo sviluppo sempre più intenso dell’industria petrolifera.
Alle Azzorre, la pesca al tonno divenne più redditizia e meno pericolosa di quella alla balena. Alcuni abitanti delle isole guadagnarono poi abbastanza per emigrare e sfuggire finalmente alla dittatura di Salazar.
Nel 1986, la caccia alle balene venne vietata in tutto il mondo (in seguito a una lunga catena di eventi che hanno inizio con la vendita di più di 100mila copie di album discografico: una storia che ti consiglio di recuperare ascoltando il podcast con cui ho aperto questa newsletter, Sonar).
Oggi il passato baleniero di queste isole continua a vivere in modi diversi e, talvolta, inaspettati.
Le festività religiose legate a Nossa Senhora de Lourdes, patrona dei balenieri, continuano a riunire le comunità.
Le barche a remi utilizzate per la caccia alla balena oggi si sfidano in regate a cui talvolta partecipano anche i luso-americani del New England (la comunità azzorriana nella patria statunitense dell'industria baleniera era ben nutrita, al punto che nel 1975 venne fondato un quotidiano in lingua portoghese, O Jornal).
Ma soprattutto, oggi le macchine fotografiche hanno sostituito gli arpioni e la caccia alla balena è diventata whale watching, uno dei tanti tasselli che compongono il successo turistico delle isole Azzorre.
Un successo fragile, dato che le Azzorre restano la regione più povera del Portogallo, e quindi anche molto più esposta ai danni che il turismo di massa porta con sé.
Per approfondire:
Questo documentario disponibile su Netflix, con i sottotitoli in italiano. Se mastichi il portoghese, ti consiglio anche questo del 2011 o questo nel 1988.
Nonostante sia illegale da quasi quarant’anni, in alcuni Paesi come Islanda, Giappone e Norvegia, la caccia continua. Tra le persone che provano a contrastarla c’è Paul Watson, fondatore dell’ONG Sea Shepherd, arrestato di recente: se vuoi saperne di più, ascolta questa puntata di Stories. (E se ti va, firma questa petizione).
Il miglior libro che ho letto sulle balene alle Azzorre è Donna di Porto Pim di Antonio Tabucchi (uno dei racconti si intitola proprio “Piccole balene azzurre che passeggiano alle Azzorre”, e ammetto che non sceglierlo come titolo per la newsletter di oggi è stato difficile).
Il miglior libro sulle balene e basta che ho letto finora invece è Leviatano o la balena di Philip Hoare. Tra le cose che mi ha fatto scoprire c’è il scrimshaw, ovvero l’arte di incidere o scolpire i denti di balena, uno dei passatempi preferiti dei balenieri e, in un certo senso, il modo in cui, da analfabeti, riuscivano comunque a scrivere i loro diari di bordo.
E infine, una canzone straziante sui balenieri delle Azzorre.
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Giovedì scorso, Carles Puigdemont, leader del partito indipendentista catalano Junts, è arrivato a Barcellona, ha dato un breve comizio e poi è tornato in Belgio. Da circa sette anni, infatti, Puigdemont sfugge alla giustizia spagnola, dopo che nel 2017 aveva organizzato un referendum unilaterale per l’indipendenza della regione. La polizia catalana avrebbe dovuto cogliere l’occasione per arrestarlo, ma non l’ha fatto. Puigdemont sarebbe dovuto tornare per impedire l’elezione del nuovo presidente della regione, il socialista Salvador Illa, ma non ci è riuscito. Se vuoi capirci un po’ di più, ti rimando a questo intervento che ho fatto su Radio Radicale.
Il Tribunale amministrativo di Lisbona ha imposto una multa da più di un milione di euro al comune della città per aver condiviso con le autorità russe nomi, indirizzi e altri dati personali delle persone che nel 2021 avevano organizzato una manifestazione in seguito all’arresto del politico Aleksej Navalny.
Lisbona vuole approvare nuove regole per la circolazione dei tuk-tuk, che sono diventati un po’ il simbolo della turistificazione della città. Il comune di Siviglia invece vuole letteralmente chiudere i rubinetti ai suoi circa 5mila alloggi turistici illegali.
41 spiagge portoghesi non sono balneabili a causa della presenza di quantità dannose di batteri. Sono 17 in più rispetto all’anno scorso: in altre 46, fare il bagno è “altamente sconsigliato”. Il motivo? Da tempo il Portogallo non rispetta le direttive europee sulla gestione delle acque reflue.
Piccolo riassunto olimpico: la Spagna ha vinto 5 ori, 4 argenti e 9 bronzi, mentre il Portogallo si è portato a casa un oro, due argenti e un bronzo.
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A presto,
Roberta
Mi hai fatto scoprire un sacco di cose che non sapevo, grazie mille!! 😍
Grazie per il bell'articolo! Quasi tutte le isole dell'arcipelago hanno uno o più musei dedicati dove è possibile leggere e ascoltare testimonianze dirette, scoprire gli attrezzi del mestiere e le imbarcazioni originali e visitare i locali degli impianti. In uno di questi era condiviso pubblicamente il link ad un breve film-documentario del 1969, BARBED WIRE: https://drive.google.com/file/d/1uf0lTIKt76lv-Ecat2SvRzxETg6AiyW5/view?usp=drivesdk