Il #MeToo della politica spagnola
È iniziato grazie alle segnalazioni anonime raccolte via social dalla giornalista Cristina Fallarás e continua tra denunce, testimonianze e indagini
Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
Quante cose sono successe dall’ultima newsletter. Quante.
Migliaia di persone sono scese in strada sabato a Lisbona per chiedere giustizia per Odair Moniz, l’uomo originario di Cabo Verde ucciso da un agente della polizia in circostanze ancora poco chiare. Di razzismo e abusi della polizia in Portogallo parliamo meglio nella newsletter di venerdì prossimo.
Più di un centinaio di persone sono morte negli ultimi giorni a causa della violenta perturbazione che ha colpito il sud-est della Spagna. Il cambiamento climatico, però, non è l’unico responsabile. Ho approfondito le responsabilità della politica (e delle aziende) della Comunità Valenciana nella gestione dell’alluvione in questo articolo per Linkiesta.
E quindi, di cosa parla la newsletter di oggi? Di molestie, denunce e silenzi. A una settimana dalle dimissioni di Íñigo Errejón, portavoce della formazione di sinistra Sumar e fondatore di altri due partiti, Podemos e Más Madrid, in Spagna le segnalazioni e le denunce continuano ad arrivare. Come siamo arrivate fin qui?
Il #MeToo della politica spagnola
Lo scorso 21 ottobre, la giornalista spagnola Cristina Fallarás pubblica il racconto di una donna che accusa un “politico molto conosciuto” che “vive a Madrid” di aver abusato psicologicamente di lei e di altre donne.
Anche altre utenti, sia su Instagram che su Twitter, si riconoscono nella testimonianza. A tre giorni dalla pubblicazione della prima segnalazione, il partito Más Madrid inizia un’indagine interna che porta alle dimissioni di Íñigo Errejón.
Ai racconti anonimi, negli ultimi giorni si sono aggiunte le denunce per aggressione sessuale presentate da due attrici spagnole.
Come gli ha detto una delle due attrici mentre la stava molestando, riferendosi alla legge sul consenso che il suo partito ha tanto voluto e difeso: "Solo sì è sì, mi sembra assurdo doverlo ricordare proprio a te”.
Questa settimana, anche il sindaco di Estepona, José María García Urbano, membro del Partido Popular (PP, centrodestra) è stato denunciato per molestie sessuali.
Attraverso il suo canale Telegram, il politico di estrema destra Alvise Pérez ha anche fatto trapelare alcune accuse anonime nei confronti del senatore del PP José Ignacio Landaluce, smentite dal partito dopo una confusa e frettolosa inchiesta interna.
Come ho scritto su Domani (dove trovi un racconto più dettagliato dei vari episodi di molestie e le reazioni della politica), il comune denominatore che unisce questo secondo atto del #MeToo in Spagna è uno solo: il profilo Instagram della giornalista Cristina Fallarás.
Già nel 2018, Fallarás aveva lanciato l’hashtag #Cuéntalo (“Raccontalo”) su Twitter per aiutare le donne a raccontare episodi di molestie sessuali e discriminazione sulla scia del caso della Manada (in questa newsletter trovi il racconto della vicenda e le sue enormi conseguenze sulla società spagnola).
Da più di un anno, la giornalista invece raccoglie e pubblica sul suo profilo Instagram le testimonianze di molestie sessuali e discriminazioni vissute da donne che preferiscono rimanere anonime. Gli abusatori sono uomini comuni (parenti, partner), ma anche altri politici, giornalisti e intellettuali spagnoli.
L'aspetto che mi sembra più significativo di questo approccio è che la giornalista si limita, per scelta, a pubblicare le segnalazioni che le arrivano, senza chiedere alle persone che le scrivono di rivelare il nome dell’aggressore o invitarle a denunciare.
In un’intervista, Fallarás ha spiegato che la condivisione di testimonianze “è la base per costruire una memoria collettiva che ridefinisca cos’è la violenza sessuale”.
Un gesto che, giorno dopo giorno, sta rivelando tutta la sua potenza: ha portato, finora, alle dimissioni di un politico, tre denunce e migliaia di nuove segnalazioni anonime.
Ma perché la maggior parte delle persone che hanno vissuto molestie preferisce condividere la sua storia in via anonima, sui social, invece che sporgere denuncia?
Condivido qui un paio di riflessioni interessanti che hanno fatto Isabel Vallés e Ana Requena Aguilar, che si occupano rispettivamente di temi di genere per El País ed eldiario.es.
“Negli ultimi vent’anni, la Spagna ha implementato strumenti, attivato servizi, sviluppato leggi e protocolli e investito attraverso numerose organizzazioni per affrontare la violenza sessuale, il cui numero di denunce non ha smesso di crescere. Allo stesso tempo, persiste un sommerso che le istituzioni stimano intorno al 90%: ciò significa che lo Stato è a conoscenza solo di un’aggressione ogni dieci”, ha scritto Vallés.
Questo vuol dire che tutti gli sforzi legali e istituzionali non funzionano? Sì e no.
“Esiste una separazione necessaria tra la testimonianza e la denuncia. Non sono la stessa cosa, non interferiscono l’una con l’altra, né si sovrappongono. Sono modi diversi di affrontare la violenza subite e sono entrambe legittime”, ha aggiunto.
Come spiega la psicologa Violeta García, molte donne denunciano perché vogliono ottenere un riconoscimento ufficiale di quello che hanno vissuto. Vogliono poter chiamare, legalmente, il loro aggressore, “aggressore”. Vogliono che si renda conto di quel che ha fatto. Vogliono proteggere altre donne.
Tutto questo ha un costo. Emotivo, soprattutto, perché denunciare vuol dire raccontare la propria storia molte volte e rischiare di non essere credute. E ha anche dei tempi, che nel caso della giustizia possono essere molto lunghi.
A tutto questo, come ricorda Aguilar, si aggiunge il fatto che “non tutti i comportamenti maschilisti o misogini sono penalmente punibili, ma ciò non significa che non debbano avere conseguenze”.
Condividere testimonianze anonime risponde invece alla necessità di liberare la parola e trovare conforto nell’esperienza di altre donne.
“Chi credeva di poter frenare le altre tappando la bocca alla prima aggredita da Errejón non ha idea di quanto siamo cambiate”, ha scritto Fallarás sul suo blog.
“Non sanno che i racconti di migliaia, milioni di donne sono qui perché altre possano aggrapparsi ad essi. Perché questo era ciò che ci mancava. Non ci mancava denunciare. Ci mancava sapere esattamente cosa stavamo denunciando, sapere che stava accadendo a tutte noi, sapere che siamo tutte, sapere che insieme non abbiamo né paura né vergogna, sapere che non siamo pazze”.
Il punto di tutto quello che sta succedendo mi sembra proprio questo: le persone in Spagna sono cambiate.
Non al punto da eliminare la violenza di genere, ma al punto da generare un contesto dove le testimonianze, anche anonime, delle donne hanno la forza, una dopo l’altra, di spingere la società a mettersi in discussione.
E mi sembra un passo enorme.
Per approfondire:
Non è solo la politica: l'Accademia del cinema catalano ha istituito una commissione per affrontare le segnalazioni che sono state raccolte nei confronti del regista Eduard Cortés, accusato di grooming (adescamento e abuso sessuale online) da diverse donne del settore audiovisivo. Le accuse sono iniziate con un post su Instagram della fotografa e regista Silvia Grav, che ha invitato altre potenziali vittime a condividere le loro esperienze. In meno di tre giorni, altre 15 donne hanno riferito di essere state vittime di Cortés: ora si stanno coordinando per presentare una denuncia collettiva. È la prima volta che l’Accademia offre consulenza legale e psicologica alle testimoni di violenza di genere. Già a febbraio, El País aveva raccolto e confermato le testimonianze di tre donne che accusavano un altro regista, Carlos Vermut, di violenza sessuale.
A inizio ottobre, il Senato spagnolo ha chiesto al governo di promuovere misure concrete per tutelare le vittime di molestie sessuali nelle università e nei centri di ricerca. In questo episodio del podcast Hoy en El País trovi il racconto di Paula Martín Peláez, ex studentessa che ha subito molestie all’Università Complutense di Madrid e che ha realizzato la sua tesi di dottorato proprio su questo tema, nella stessa università (e ha preso pure la lode).
In Italia esistono vari collettivi che si occupano di molestie: Re:B nel mondo della pubblicità, Amleta nel cinema, Espulse (di cui faccio parte) nel giornalismo (se ne conosci altri, dimmelo!). Puoi leggere la prima inchiesta che abbiamo pubblicato sulle molestie nelle scuole di giornalismo in Italia su IrpiMedia: se sei una studentessa o una giornalista, freelance o assunta, e hai vissuto episodi di molestie, puoi scegliere di raccontarceli attraverso questo questionario anonimo.
☕Un caffè, solo per oggi o uno al mese!
È quello che puoi offrirmi se l’approfondimento di oggi ti è piaciuto o se leggere Ibérica ogni settimana ti aiuta a capire meglio cosa succede in Spagna e Portogallo.
Ibérica è infatti un progetto indipendente: il tuo sostegno è fondamentale per permettermi di dedicare sempre più tempo e risorse per scoprire e raccontare storie uniche dalla penisola iberica.
Pensaci: per me significa davvero molto!
👋 È tutto per oggi!
La newsletter di oggi mi è uscita molto lunga e densa: la consueta selezione di contenuti da leggere, vedere o ascoltare torna la settimana prossima.
Se non l’hai ancora fatto, iscriviti a Ibérica: esce una volta a settimana e dentro trovi pezzi di approfondimento, rassegne stampa e contenuti selezionati da Spagna e Portogallo.
A presto,
Roberta
Ciao Roberta!
Que increible articolo che!
La Spagna ha una marcia storica in più quando si ha a che fare con diritti sociali e rivouzione socio-culturale (credo, anche grazie ai paesi sud-americani negli ultimi 50/60 anni, vedasi Argentina con il movimento "no una mas").
Alla fine dell'articolo scrivi:
"Non al punto da eliminare la violenza di genere, ma al punto da generare un contesto dove le testimonianze, anche anonime, delle donne hanno la forza, una dopo l’altra, di spingere la società a mettersi in discussione"
Conosci realtà simili in Italia da condividere?
Que todo te vaya bien siempre hermana, un abrazo!