Più avanti
La Spagna è “più avanti” dell’Italia nelle questioni di genere? Sì, e di molto. Ma come è arrivata fin qui?
Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
La newsletter di oggi è una lunga risposta alla domanda: la Spagna è davvero “più avanti” dell’Italia nelle questioni di genere?
Se sì, come è arrivata fin qui?
Spero di darti, insieme all’aiuto di una ricercatrice che stimo molto, qualche spunto di riflessione.
Iniziamo!
Più avanti
Il 4 dicembre 1997, Ana Orantes racconta in diretta tv i 40 anni di abusi fisici e psicologici che ha sofferto insieme ai figli a causa dell’ex marito José Parejo.
È una delle prime donne a farlo in un programma televisivo.
Tredici giorni dopo, Parejo la cosparge di benzina e le dà fuoco.
Da quel giorno, per la società e la politica spagnole inizia un percorso di cambiamento profondo.
Un percorso che porterà la Spagna ad approvare alcune delle leggi più avanzate al mondo e a diventare quest’anno il quarto Paese in Europa per uguaglianza di genere.
Il femminicidio di Orantes porta a una prima riforma del Codice penale spagnolo, ma il vero punto di svolta arriva nel 2004, con l’elezione del primo ministro socialista José Luis Rodríguez Zapatero.
Zapatero promuove infatti la creazione:
della prima legge in Europa sulla violenza di genere
del primo ministero dell’Uguaglianza della storia della Spagna
di una legge sull’uguaglianza tra uomini e donne che introduce, tra le altre cose, il congedo di paternità e la parità nelle liste elettorali.
Nel 2011, Zapatero perde le elezioni: nei sette anni successivi, durante il governo di Mariano Rajoy (del Partido Popular, centrodestra), la Spagna passa dal settimo all’undicesimo posto del Gender Equality Index.
Poi nel 2016, durante la festa di San Firmino (quella dei tori, sì), cinque uomini stuprano una donna di 18 anni.
È l’inizio di un altro caso giudiziario, quello della Manada (il branco) che avrà un impatto sulla società spagnola simile, se non superiore, al femminicidio di Orantes negli anni Novanta.
L’8 marzo 2018 migliaia di donne scendono in strada in 120 città diverse: a Madrid sono 170 mila, a Barcellona 200 mila. È un momento storico per il movimento femminista spagnolo.
Le proteste continuano anche quando gli uomini della Manada vengono condannati per abuso sessuale e non per aggressione, ovvero per un reato minore.
È da lì che nasce la necessità di una nuova riforma del Codice penale spagnolo, che arriva nel 2022, provocando una grande crisi nel governo (ovvero tra il Partito socialista e il partito di sinistra Podemos) e tra i movimenti femministi:
La legge di garanzia della libertà sessuale, infatti, prevede che qualsiasi atto sessuale privo di consenso sia considerato stupro. Una decisione che ha, tuttavia, degli effetti indesiderati, ovvero la scarcerazione di un centinaio di aggressori e la riduzione di pena di un migliaio di condannati.
Allo stesso tempo, questa legge fa anche cose buone: crea centri antiviolenza aperti 24/24h e introduce aiuti economici e assistenza integrale specializzata per le sopravvissute alla violenza di genere. Introduce anche l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole di ogni grado.
Nello stesso anno, il governo di coalizione riesce a far approvare un’altra legge molto dibattuta, soprannominata ley trans, che permette, tra le altre cose, a tutte le persone di cambiare liberamente la propria identità di genere a partire dai 16 anni.
“In Spagna, il femminismo è riuscito a raggiungere più rapidamente il mainstream e la cultura popolare. Anche i movimenti femministi, da quanto vedo, hanno una dimensione molto maggiore”, mi ha spiegato Silvia Semenzin, ricercatrice in sociologia ed esperta di violenza di genere.
Ma il fatto che la Spagna sia “più avanti” di altri Paesi quando parliamo di questioni di genere non ha solo lati positivi.
Da un lato, infatti, esiste una risposta già ben strutturata e potente di fronte alla violenza di genere, come dimostra il recente caso Jenny Hermoso.
Dall’altro, “esistono fratture molto più profonde rispetto a quelle che ci sono in altri Paesi come l’Italia, dove gli strappi interni al movimento femminista sono conosciuti da un numero ristretto di attiviste, esperte e ricercatrici”, ha precisato Semenzin.
Le due fratture di cui parla Semenzin riguardano l’inclusione delle persone trans (che genera il conflitto tra femminismo intersezionale e quello TERF, o trans-escludente) e il lavoro sessuale (che per alcune dovrebbe essere regolamentato, mentre per altre abolito).
Oltre che in parlamento, “queste tensioni hanno portato purtroppo anche a veri e propri scontri fisici all’interno del movimento, il quale è tristissimo se si pensa che ha causato anche la mancanza di uno sciopero nazionale generale per l’8 marzo dell’anno scorso”, ha aggiunto Semenzin.
Tre domande
Tornando a noi, tre domande e tre risposte per unire i puntini tra Spagna e Italia:
L’educazione sessuale e affettiva nelle scuole spagnole sta cambiando qualcosa? È presto per saperlo, anche perché nonostante le buone intenzioni, non è ancora stata adottata del tutto (complice anche la presenza dell’estrema destra di Vox in numerose regioni e comuni).
I dati sulla violenza di genere in Spagna sono migliori di quelli italiani? No, quelli ufficiali sono molto simili. Vuol dire che tutte le leggi e le manifestazioni non sono servite a niente? Non credo. I dati non sono mai solo numeri, come spiega Donata Columbro nell’ultimo numero di
.Il femminicidio di Giulia Cecchettin porterà allo stesso risveglio sociale di quello di Ana Orantes nel 1997 ? Non lo so. Ma lo spero.
Per approfondire:
Dieci anni di leggi contro la violenza sulle donne in Italia.
La legge di garanzia sulla libertà sessuale e la ley trans sono state promosse entrambe dall’ex ministra dell’Uguaglianza, Irene Montero. Nell’ultimo numero di
puoi leggere la traduzione in italiano del suo discorso di commiato.Qui invece per capire meglio cosa è successo a lei e al suo partito, Podemos:
Chi è invece la nuova ministra dell’Uguaglianza, Ana Redondo, e quali sfide dovrà affrontare (in spagnolo).
Due consigli di Silvia Semenzin: il profilo di Carla Galeote, che si occupa di informazione e divulgazione su tematiche femministe, e il podcast Estirando el Chicle, che “ci ricorda che il femminismo è una cosa seria, ma può anche far ridere fino alle lacrime”.
Irene Doda, Stefania Prandi, Francesca Candioli, Alessia Bisini e io abbiamo creato "Espulse. La stampa è dei maschi", un collettivo che vuole mappare discriminazioni, molestie, abusi di potere e ricatti sessuali contro le donne e le persone LGBT+ nel mondo del giornalismo italiano, dentro e fuori dalle redazioni.
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Comissão Política, il podcast dei giornalisti politici del quotidiano Expresso, è il mio miglior alleato nel capire cosa succede nella politica portoghese (e ultimamente ce n’è un gran bisogno).
Il podcast più completo sul nuovo presidente argentino Javier Milei si chiama Sin control ed è una splendida co-produzione tra El País Audio e Anfibia. Consigliatissimo.
Para 👀
Un paio di film in uscita che spero arrivino anche in Italia: Un amor di Isabel Coixet, tratto dall’omonimo libro della scrittrice spagnola Sara Mesa, e O misterioso caso de Lázaro Lafourcade del regista portoghese Tiago Durão.
Para 📖
La curiosa storia dei tabarchini che unisce Spagna, Italia e Tunisia, raccontata da
(in spagnolo).So che arrivo tardi alla festa, ma: L’impostore di Javier Cercas è un romanzo pazzesco. L’Avversario di Emmanuel Carrère, ma in chiave storica e iberica.
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Para 🍽️
Para 🍽️ è una rubrica a cura di Gastroillogica, autrice di
“Il piatto della domenica in tutta la penisola iberica è senza dubbio il cozido, o cocido in Spagna: carni, verdure ed insaccati, accompagnati con legumi e verdure, cotti in un brodo che diventa nutriente e goloso.
Mentre in Spagna si serve in varie regioni e maniere diverse, ma sempre accompagnato dal brodo, in Portogallo si consuma asciutto e perlopiù in due versioni: con carne, menta e ceci, o con riso, insaccati e fagioli.
Dove assaggiarlo:
Taberna do Calhau (Largo das Olarias 23, Lisboa) l’istrionico architetto, cuoco e imprenditore Leopoldo Calhau ha aperto questo spazio come oasi alentejana nel mezzo della gentrificazione lisboeta nel 2018 e da allora, serve cucina raffinata con twist personali sulla tradizione, I prezzi sono quelli di un bistrot parigino, e con ragione: serve prodotto, tecnica, e cultura.
Bom de Veras (R. Abranches Ferrão 17A, Lisboa) è il segreto degli chef di Lisbona e della buona borghesia che fugge dai turisti e si ritrova in questo spazio fuori dal tempo, a bere buon vino e mangiare buon cibo. La domenica si mangia cozido á portuguesa in servizio buffet: vale la pena prenotare.
Restaurante Alentejo (Moreanes, Mértola): nel cuore del Gharb Al-Andalus, vicino alla cittá moresca di Mértola dove ogni anno si rivive l’identità ispano-araba attraverso un festival di musica e cultura, si trova questo ristorante che serve il cozido alentejano con i ceci e la menta. Imperdibile”.
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Roberta