Quer pasticciaccio brutto del parco di Doñana
Un posto dove si intrecciano ambiente, politica, economia e questioni di genere
Ciao!
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Oggi la newsletter arriva in leggero ritardo, ma con una bella notizia: a poco più di tre mesi dal lancio, più di 400 persone leggono questa newsletter.
Per festeggiare, in fondo al numero di oggi trovi un nuova rubrica con alcune delle storie e riflessioni che chi legge Ibérica mi ha mandato per mail.
Come sempre, grazie di cuore e iniziamo!
Quer pasticciaccio brutto del parco di Doñana
In Germania, acquistare una confezione di fragole al supermercato è diventato un gesto politico.
La piattaforma Campact ha lanciato una petizione per chiedere ai consumatori tedeschi di smettere di acquistare fragole nelle principali catene di supermercati del Paese (Edeka, Lidl, Rewe e Aldi) per mettere pressione al governo regionale dell’Andalusia e salvare il parco di Doñana.
Il parco di Doñana, infatti, non è un parco qualsiasi.
Oltre a essere area protetta e patrimonio dell’umanità dall’Unesco, Doñana è il posto dove da anni in Spagna si intrecciano ambiente, politica, economia e questioni di genere.
In poche parole, Doñana è il posto da conoscere per capire la campagna elettorale che è appena iniziata (ma anche quella che è appena finita).
Il parco prosciugato
“Lavoro nel parco di Doñana dal 1979. Io e i miei colleghi abbiamo descritto il suo sistema di lagune come un sistema magnifico, unico in Europa, dove una grande quantità e varietà di lagune hanno permesso a un buon numero di specie animali e vegetali di conservarsi”, racconta Carmen Díaz Paniagua, ricercatrice della Estación Biológica de Doñana.
“Ora vediamo che stiamo perdendo tutto, sia le lagune che le specie, e tocca sempre a noi descrivere come sta succedendo”, aggiunge.
Negli ultimi trent’anni, infatti, la biodiversità del parco di Doñana è notevolmente diminuita a causa dell’abbassamento del livello dell’acquifero che fornisce acqua alle sue numerosissime paludi e lagune.
L’area intorno al parco è infatti il cuore dell’industria agroalimentare spagnola specializzata nella coltivazione dei frutti rossi. L’80% della produzione nazionale di fragole si concentra nella Corona Norte, situata a nord del parco di Doñana, e parte di questi campi vengono irrigati clandestinamente, prelevando acqua dai territori del parco attraverso pozzi illegali.
Ai pozzi illegali e alla siccità che colpisce la Spagna in maniera sempre più feroce, si è aggiunta poi anche la politica.
La destra contro tutti
Il Partido Popular (Pp, centrodestra) e Vox (estrema destra) hanno portato al Parlamento regionale andaluso la proposta aumentare la superficie dei terreni irrigabili nei dintorni di Doñana.
La Giunta dell’Andalusia, governata dal Pp, ha garantito che i nuovi terreni non verranno irrigati con le acque del parco, ma non solo il governo e i gruppi ecologisti, ma anche un comitato di scienziati, l’Unesco e la Commissione Europea si sono opposti alla proposta.
Al momento, la proposta è stata provvisoriamente congelata in occasione delle scorse elezioni comunali e amministrative, ma continua ad essere protagonista di intensi scontri tra il Pp e il governo del presidente Pedro Sánchez, che l’hanno trasformata in una questione di politica nazionale e internazionale.
Nel frattempo, più di 166mila persone hanno firmato la petizione di Campact: la Germania è infatti il Paese in cui si esportano più fragole dalla Spagna, seguito da Regno Unito, Francia e Italia.
Come ricorda la giornalista Stefania Prandi, autrice di numerose inchieste sull’industria agroalimentare della provincia di Huelva, “la questione del boicottaggio può funzionare soltanto se diventa politica, cioè se non diventa un semplice modo di alcuni Paesi di smettere di comprare fragole da quel territorio perché comunque la produzione di fragole nell’ampia area di Huelva è tale che ce ne saranno altri a sostituirli”.
Più in generale, però, “credo che la campagna [tedesca] sia importante perché sicuramente la zona di Huelva rappresenta un “laboratorio” anche dal punto di vista dell’attivismo politico per il resto dell’Europa Mediterranea, Italia compresa”.
Oro rosso
Nei dintorni del parco di Doñana, l’industria agroalimentare non è insostenibile solo per l’ambiente, ma anche per le persone.
“Le braccianti che raccolgono le fragole, i frutti rossi e i pomodori che arrivano sulle nostre tavole, non solo sono pagate meno degli uomini e costrette a turni estenuanti, ma vengono molestate sessualmente, ricattate, subiscono violenze verbali, fisiche e stupri”, spiega Prandi, che da anni si occupa del doppio sfruttamento - lavorativo e sessuale - della forza lavoro femminile in Spagna, Italia e Marocco.
Il risultato è un progetto di inchiesta e ricerca giornalistica e fotografica chiamato Oro rosso, che è iniziato nel 2016 e che ha avuto un impatto molto significativo, che nel caso della Spagna Prandi riassume così:
- Migliaia di manifestanti hanno fatto presidi e cortei in diverse città spagnole per solidarizzare con le braccianti di Huelva;
- Nel 2018 diverse operaie agricole della zona di Huelva, straniere e spagnole, hanno sporto denuncia e 400 braccianti marocchine sono scese in piazza spontaneamente a manifestare appoggiate dal Sat, Sindicato andaluz de trabajadores. Le proteste sono continuate e si è formato il sindacato autonomo delle braccianti Jornaleras de Huelva en lucha;
- Grazie agli sforzi del sindacato danese 3F, a marzo 2022 i proprietari delle più grandi catene di supermercati danesi, Salling Group e Coop, hanno sospeso le importazioni di frutti rossi dalle aziende in cui sono stati rilevati gli abusi.
Per capire meglio Doñana e le sue storie:
Questo pezzo di Lorenzo Pasqualini sul sito del manifesto;
Questa puntata del podcast quotidiano Hoy en El País;
Le inchieste di Stefania Prandi pubblicate, tra le altre testate, su Correctiv, BuzzFeed News e Al Jazeera e il suo libro Oro Rosso (Settenove);
Questo articolo che ho scritto per Greenkiesta su cosa ha fatto Sánchez per l’ambiente e il clima in Spagna negli ultimi anni (e cosa farebbero invece Vox e il Pp in caso vincessero le elezioni di luglio).
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Le due principali forze di sinistra della politica spagnola (Podemos e Sumar) hanno tempo fino alle 10 di stamattina per trovare un accordo e presentarsi insieme alle elezioni di fine luglio. (No pressure).
Il maltempo che ha colpito negli ultimi giorni l’archipelago di Madeira ha lasciato 30 persone senza una casa e costretto 11 distretti del Portogallo continentale a dichiarare allerta gialla.
Alla fine alle Canarie ha vinto il Partido popular (anche se ha preso più voti il Partito socialista).
In Portogallo sono iniziate le l’audizioni della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso TAP, lo scandalo legato alla buonuscita di mezzo milione di euro dalla compagnia aerea statale TAP garantita all’ex-segretaria del Tesoro Alexandra Reis. Le audizioni continueranno fino al 16 giugno.
💌 La posta di Ibérica
In risposta alla newsletter della scorsa settimana:
Borut, che ha vissuto nel quartiere Lavapiés di Madrid per 10 anni, mi ha scritto:
“Negli anni il quartiere è andato piano piano rimodernandosi a misura di turista ma il viverlo nella quotidianità non mi dava la sensazione del mutamento. Lo stop forzato della pandemia, il suo silenzio e la calma ci hanno abituato a qualcosa di irreale che al ritorno della vita precedente alla fine ci ha un po’ stancato. È stato come gettare la rana nell’acqua bollente e rendersi conto di cosa non avevamo visto prima; sfratti, serializzazione di alcune attività commerciali a favore dei turisti, esplosione di bnb anche nel nostro edificio con relativi side effect non gradevoli.
Ho sempre pensato che vivere in quartieri movimentati dal turismo e da vita diurna e notturna implicano un patto di accettazione dell’identità di quello stesso quartiere. Se la gente fa casino sei tu che te ne devi andare, non fare petizioni per chiudere i luoghi di aggregazione. Sempre nei limiti ovviamente.
Cosi ce ne siamo andati in un quartiere lontano 30 minuti a piedi da Lavapiés e sono contento così”.
Margherita, che vive in Portogallo da 6 anni, mi ha scritto:
“Sono entrata nel giro degli italiani che vivono a Lisbona e che di fatto vivono un eterno Erasmus. Sono un gruppo compatto e si conoscono praticamente tutti. Alcuni vivono a Lisbona da quasi un decennio e non hanno mai imparato il portoghese. Sanno perfettamente che anche se lasciano il loro lavoro da call center (Webhelp, Sitel, Teleperformance in primis) o se vengono licenziati possono trovarne un altro in meno di un giorno, data la domanda altissima e i pochissimi requisiti richiesti.
Ma in questi ultimi anni Lisbona si è letteralmente trasformata e ha smesso di essere dei portoghesi. Gli affitti sono diventati ingestibili: la stessa camera di São Sebastião del 2015 ora costa 500 EUR al mese; un monolocale (T0 come lo chiamano loro, ovvero nessuna camera, uno spazio unico di 15-20m2) può costare anche 800-900 EUR al mese, e gli stipendi sono rimasti pressoché gli stessi.
Per questo Lisbona è un porto di mare. Gente che viene, gente che va, gente che torna in Italia e poi ritorna a Lisbona a fare lo stesso lavoro di prima, e così via”.
Grazie anche a Roberto per aver condiviso con me il suo entusiasmo per la Volta a Portugal, il giro ciclistico di Portogallo, e per i fumetti di Paco Roca e Cyril Pedrosa.
Grazie infine a
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L’illustrazione che Matilde Horta ha realizzato per il Primavera Sound di Porto, che finisce domani.
È tutto!
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A venerdì,
Roberta