Non è un Paese per doppiatori
Ma neanche per doppiatrici: parliamo del Portogallo, dove in tv serie e film si vedono con i sottotitoli in lingua originale per un motivo ben preciso
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Non è un Paese per doppiatori
Uno dei principali shock culturali di chi dall'Italia si trasferisce in Portogallo avviene davanti alla tv.
Sia i film che le serie mandati in onda dalla tv pubblica, infatti, sono in lingua originale con i sottotitoli.
Unica eccezione: i film per bambini.
Il motivo? Paradossalmente, più o meno lo stesso per cui, invece, in Italia e Spagna il doppiaggio è così diffuso.
Per i regimi di Mussolini, Franco e Salazar, il cinema era un’occasione per fare propaganda troppo grande per lasciarsela scappare.
Spagna e Italia optarono per far diventare il doppiaggio obbligatorio per “proteggere” le lingue nazionali (a scapito delle altre lingue parlate nei due Stati, che vennero invece proibite e represse).
Allo stesso tempo, la misura rappresentava un tentativo di incoraggiare le rispettive industrie cinematografiche a competere con Hollywood.
Il Portogallo, invece, fece esattamente il contrario.
O meglio: cercò di raggiungere lo stesso obiettivo, scegliendo una strada diversa.
Nel 1948, la Lei da Proteção do Cinema Português vietò ufficialmente la riproduzione di film stranieri doppiati in portoghese.
In un’epoca in cui la metà della popolazione portoghese era analfabeta, la legge riuscì ad allontanare le persone da contenuti potenzialmente pericolosi per il regime.
Con tutto che, così come per i copioni per i doppiatori italiani e spagnoli, l’unica opzione in Portogallo era vedere film approvati dal regime, quindi censurati e con sottotitoli talvolta manipolati.
Ma l’aspetto più sorprendente, forse, di questa vicenda non è tanto la scelta controcorrente dell’Estado Novo, quanto quel che successe dopo.
Nel 1971, con l’arrivo della tv, la legge portoghese sul cinema venne modificata e legalizzò il doppiaggio.
A una condizione, però: che questa “nuova” pratica seguisse alcune direttive, contenute in un regolamento a parte.
Un regolamento che non fu mai né scritto, né approvato.
Alla fine, il doppiaggio diventò effettivamente legale in Portogallo solo nel 1993.
Ma ormai era tardi: le abitudini di consumo - incluse quelle che riguardano film e serie tv - sono difficili da cambiare.
E non vale solo per il Portogallo: dalla seconda metà del Novecento, in Europa i Paesi ‘doppiatori’ sono rimasti gli stessi, così come quelli ‘sottotitolatori’.
Ma con quali conseguenze?
La prima e la più significativa è che in Portogallo oggi l’industria del doppiaggio esiste, ma è poco sviluppata e riguarda ancora soprattutto i film per l’infanzia.
La seconda, altrettanto significativa, è che il Portogallo è uno dei Paesi in cui l’inglese è parlato meglio proprio grazie alla scelta, ancora così diffusa, di guardare i film in lingua originale.
Secondo uno studio del Collegio Carlo Alberto, infatti, questa abitudine aumenta del 28% la conoscenza della lingua inglese rispetto al livello medio registrato nell’Unione Europea.
La classifica globale di Education First lo dimostra: tra i primi dieci Paesi per “very high proficiency”, molti sono ‘sottotitolatori’.
(Con alcune eccezioni, come la Germania, al decimo posto: qui a entrare in gioco, infatti, è la parentela: sia inglese che tedesco sono infatti lingue germaniche. Fine della parentesi da linguista).
Il Portogallo, ad esempio, è al nono posto.
Spagna e Italia, entrambe, a pari merito, al trentacinquesimo.
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Para 👀
Credevi che mi fossi dimenticata che domenica si vota in Catalogna? Certo che no. Mi trovi sabato su Linkiesta con un pezzo pre-elettorale. Nel frattempo, un paio di considerazioni sui cartelloni elettorali più pazzi che ci sono in giro:
A sinistra, Carles Puigdemont, presidente del partito indipendentista catalano Junts, che ha tappezzato la regione di cartelloni in cui è in macchina con una cintura aggiunta malissimo con Photoshop (lo tradisce la spalla, facci caso).
A destra, come racconta Claudio Riccio su LinkedIn, i manifesti del partito di centro Ciudadanos, dove il presidente spagnolo Pedro Sánchez e Puigdemont si stringono la mano.
Non è mai successo: si tratta infatti di un’immagine generata con l’AI, forse la prima a essere utilizzata in un manifesto elettorale come tecnica di persuasione, o come dice Claudio, di inganno della cittadinanza.
Para 📖
Dopo quelle catalane, a giugno arrivano le elezioni europee. Ne ho scritto, dal punto di vista della Spagna, per Aspenia. (Se preferisci mettere le cuffiette, sullo stesso temi trovi una bella intervista all’esperto di estrema destra iberica Steven Forti di Francesca De Benedetti per il podcast EUnicorn).
Sapevi che Franco Battiato ha cantato alcune delle sue canzoni più famose in spagnolo? L’album si chiama Nómadas, ed è una chicca.
Soprattutto perché nasconde un mistero: chi è aurora tangle, la traduttrice dell’album dall’italiano allo spagnolo? Una mini-inchiesta di
che ti consiglio di recuperare qui:
Para 🗓️
A Lisbona, fino al 25 agosto, puoi visitare la mostra fotografica “Fausto Giaccone. O Povo no Panteão”, organizzata dall’Instituto Italiano de Cultura de Lisboa e dal Panteão Nacional.
Include 43 fotografie scattate da Giaccone in alcuni comuni dell’Alentejo nell'agosto del '75: uno sguardo autentico sull'impatto della Rivoluzione dei Garofani sul Portogallo rurale dell'epoca.
Occhio che dal 15 al 19 maggio a Roma c'è il Festival del Cinema spagnolo e latinoamericano (via la newsletter di La Nuova Frontiera).
Ultima segnalazione: quest’anno, alla Biennale di Venezia, visitabile fino al 24 novembre, la Spagna sarà rappresentata dall’artista peruviana Sandra Gamarra Heshiki. Il motivo? Lo spiega bene Stefano de Marzo (in inglese) qui.
È tutto per oggi!
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Roberta
Ogni numero è davvero sempre più bello e interessante, complimenti!
Interessante questa storia del doppiaggio portoghese! Pure in Grecia si doppia pochissimo, solo prodotti audiovisivi per bambini (neanche tutto) e qualche serie TV. Si fece uno sforzo in questa direzione negli anni '70-'80 ma poi si abbandonò quella strada favorendo i sottotitoli. Guardando la classifica che hai linkato trovo la Grecia al 12° posto. Curioso. In Grecia moltissimi parlano inglese ma mediamente male, a parte chi va a studiare all'estero e tolte le isole che sono più turistiche, dov'è una necessità e una conseguenza (e che spesso sono considerate a torto tutta la Grecia)