Il prossimo grande terremoto
Lisbona, come Los Angeles, vive in attesa del prossimo grande terremoto. Il più grande, quello del 1755, l’ha cambiata per sempre. Cosa succederebbe oggi, invece?
Ciao!
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A fine agosto c’è stato un terremoto di magnitudo 5,3 con epicentro vicino a Sines, a quasi due ore da Lisbona: è stato il decimo terremoto più forte registrato nel Paese negli ultimi 500 anni.
Non è successo nulla, per fortuna, ma ogni volta che la terra trema, qui si ritorna al 1755, al terremoto che ha cambiato per sempre la storia di Lisbona (e anche un po’ quella dell’Europa).
Cosa succederebbe oggi, quindi, se a Lisbona ci fosse un altro terremoto simile (e soprattutto, come mai quello del 1755 è stato così importante)?
Trovi qualche risposta nel numero di Ibérica di oggi.
Iniziamo!
Il prossimo grande terremoto
“Tra i migliori candidati al titolo di ‘giorno che ha cambiato il mondo’, c’è sicuramente il primo novembre 1755”, afferma lo storico e politico portoghese Riu Tavares.
Quella mattina, uno dei più forti terremoti della storia - tra gli 8 e i 9 gradi della scala Richter - scosse la città e i suoi abitanti.
Poco prima, il sole brillava sui palazzi di Lisbona, all’epoca capitale di un impero coloniale mondiale, e sulle sue sontuose chiese, dove la messa per onorare il giorno di Ognissanti era appena iniziata.
Chi riuscì a sopravvivere, si rifugiò in strada. Alcuni scesero fino nella parte bassa della città (la Baixa, appunto), che dà sul fiume Tago.
Furono i primi, a dieci minuti di distanza dal sisma, a essere travolti da onde alte fino a venti metri, che inondarono tutta la zona bassa della città.
Nel frattempo, nel resto di Lisbona, le migliaia di candele accese per la festività religiosa avevano dato vita a diversi incendi, che durarono per giorni e giorni.
Come scrisse il reverendo Charles Davy, uno dei molti stranieri che all’epoca viveva a Lisbona, “gli orrori del primo novembre 1755 potrebbero riempire un libro intero”.
Lisbona perse un terzo dei suoi abitanti e più dell’80% dei suoi edifici furono distrutti: tra questi, il Palazzo reale (che si trovava in quella che oggi è Praça do Comércio), la Cattedrale (poi ricostruita, e conosciuta come la Sé de Lisboa) e il Convento do Carmo, che conserva ancora oggi i segni del terremoto.
La famiglia reale portoghese, invece, sopravvisse grazie a un capriccio delle principesse, che insistettero nel passare le feste lontane dalla capitale.
E sopravvisse anche il marchese di Pombal, all’epoca primo ministro del Portogallo: fu lui, infatti, il vero motore della ricostruzione della città.
Ordinò a una squadra di architetti e ingegneri di ricostruire gli edifici della città in modo che potessero resistere a futuri terremoti, ma anche strade ampie, dritte e ordinate. Inviò anche una serie di questionari in altre città portoghesi per raccogliere dati sul terremoto, gettando le basi della sismografia.
Le conseguenze del terremoto, però, non si limitarono all’urbanismo e alla scienza: fecero anche una grande impressione sul filosofo Voltaire, che nel suo libro Candide, davanti a una Lisbona distrutta, si chiese davvero se questo fosse “il migliore dei mondi possibili”.
E oggi?
Oggi il rischio arriva da due fronti.
“I terremoti come quello del 1755 si verificano a sud dell'Algarve e tendono ad essere molto forti, di magnitudo otto o più. Poi ci sono i terremoti che si generano da una faglia che esiste nella valle del Tago, che non sono così forti - con magnitudo massima di circa sei o sette - ma poiché sono così vicini possono causare fare molti danni”, ha spiegato l’ex presidente della Sociedade Portuguesa de Engenharia Sísmica (SPES), João Azevedo, al giornale Mensagem.
Non solo: se nel 1755 in città vivevano circa 300mila persone, oggi nella regione di Lisbona si concentra quasi un terzo della popolazione portoghese, ovvero circa 3 milioni di cittadini.
Eppure.
Eppure, il terremoto che c’è stato lo scorso 26 agosto ha dimostrato che in Portogallo c’è ancora molto, troppo da fare:
In Portogallo non esiste un sistema di allerta precoce per terremoti: il progetto è stato interrotto per mancanza di fondi.
Anche il sistema attuale non è che funzioni benissimo: il 26 agosto, il primo comunicato della Protezione civile è arrivato a mezz’ora dal terremoto ed è stato pubblicato su Facebook, dato che il sito ufficiale dell’ente, a causa dell’aumento del traffico, si è bloccato.
Il piano speciale di emergenza per il rischio sismico nella Regione Metropolitana di Lisbona non viene aggiornato da 15 anni e il fondo sismico, richiesto da tempo dal settore assicurativo, non è ancora stato istituito.
Si stima che il 50% degli edifici di Lisbona non siano in grado di resistere a un terremoto. Inoltre, il 23,1% degli edifici in Portogallo è stato costruito oltre 50 anni fa e molti di questi non rispettano le normative sismiche attuali. Le stesse normative che, per quanto rigorose, lasciano comunque spazio a ristrutturazioni non autorizzate e a controlli poco accurati.
Nel migliore dei mondi possibili, tutto questo non sarebbe un problema.
Ma in quello in cui viviamo, eccome se lo è.
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