Il Paese che non esiste
Esistono due Spagne: quella urbana, europea e popolata e quella “che non esiste” – rurale, silenziosa e disabitata.
Ciao!
Questa è Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.
È stata una settimana frizzantina, a dir poco:
il primo ministro portoghese António Costa si è dimesso (ne ho scritto per Linkiesta qui)
il Partito socialista spagnolo e quello indipendentista catalano Junts hanno trovato un accordo per formare un nuovo governo (sempre per Linkiesta, ma qui).
Ah, hanno sparato al fondatore del partito di estrema destra Vox per strada a Madrid.
Ma torniamo a noi: nell’Ibérica di oggi trovi un guest post di
, autrice di , e una selezione di più di dieci consigli di cose da vedere, leggere e visitare.Iniziamo!
Il Paese che non esiste
È il 2019 quando, da Madrid, salgo per la prima volta in macchina per raggiungere Siviglia. Sono elettrizzata, curiosa, felice.
Penso che i viaggi in macchina siano gli unici che permettano di scoprire davvero un Paese, capirne la morfologia, studiarne i cambiamenti, conoscerlo poco a poco perdendosi tra le sue strade.
Con mia grande delusione, però, i 530 chilometri che separano le due città sono territorio deserto.
Lo stesso smarrimento mi assale qualche anno dopo in viaggio in macchina tra Madrid e Bilbao, e poi tra Santiago de Compostela e Salamanca.
Anche lì, il nulla.
La Spagna vuota
Castiglia-La Mancia, Castiglia e Léon e La Rioja, insieme a Estremadura e Aragona formano la Spagna vuota. Una parte del Paese che “non esiste”.
Ma io l’ho scoperto solo dopo, leggendo questo saggio dello scrittore e giornalista Sergio del Molino.
Secondo del Molino, infatti, oggi esistono due Spagne: quella urbana, europea e popolata e quella “vuota” – rurale, silenziosa e disabitata.
La prima tende a idealizzare, deridere o sfruttare la seconda; la seconda vuole respingere la prima, la tratta con diffidenza.
Il divario culturale, economico e sociale tra queste due è aumentato così tanto negli anni, da poter parlare di un vero e proprio Paese all’interno di un altro Paese.
Si pensi che la Spagna vuota occupa il 53% dell’intera Spagna ed è abitata dal 15,8% degli spagnoli.
Per fare un confronto, solo a Madrid, che rappresenta l’1,5% della superficie totale del Paese, si concentra il 3,7% degli abitanti.
Una narrazione sbagliata
Partendo dal Grande Trauma, il fenomeno di urbanizzazione che ha colpito il Paese tra il 1950 e il 1970, del Molino ci accompagna in un viaggio nel tempo e nello spazio per indagare le motivazioni di questa profonda spaccatura.
Se da una parte gli avvenimenti politici, economici e ambientali hanno giocato un ruolo fondamentale nell’allontanamento dalle campagne, dall’altra del Molino sottolinea il ruolo chiave giocato dalla comunicazione sbagliata del territorio rurale spagnolo.
Politici, giornalisti, poeti, registi, romanzieri, a modo proprio, hanno creato nel tempo una narrazione errata della Spagna vuota, fatta di credenze, miti, allusioni e metafore, che ha alimentato la costruzione di un immaginario collettivo fuorviante.
Ne è un esempio, l’omicidio di Miguel Grima, sindaco di Fago, un piccolo borgo montano nella valle di Ansó.
La sera del 12 gennaio 2007, Grima venne ucciso con un fucile da caccia da qualcuno che lo stava aspettando lungo la strada. Questo qualcuno venne identificato poco tempo dopo dalla polizia come Santiago Mainar, un abitante di Fago che, come il sindaco, si era trasferito anni prima da Saragozza.
Secondo numerosi poliziotti, giornalisti e scienziati, il movente dell’omicidio poteva essere ricondotto a degli scompensi psicologici nati dalla noia, dalla deprivazione sensoriale e dalla condizione di isolamento in cui sono costretti a vivere gli abitanti di paesini rurali come Fago.
Come Fago, tanti altri villaggi della Spagna vuota hanno fatto notizia solo per vicende di cronaca nera. E non perché quelle di sopra fossero delle spiegazioni fondate. Perché erano le più facili da credere.
“È facile che si crei una leggenda nera, e che li si immagini come luoghi angoscianti dove succedono cose terribili, perché se ne parla solo quando succedono cose terribili. Lì la gente viene uccisa brutalmente e per miserabili inezie”, scrive del Molino.
Il nulla che diventa tutto
Dal finestrino dell’auto quei campi desolati per me esistevano, ma non significavano nulla.
Solo oggi, a distanza di anni, ho aperto gli occhi sulle storie che si nascondono dietro distese deserte e paesini arroccati.
Ed è così che, con il libro giusto, il nulla diventa tutto.
Per approfondire:
Un’intervista all’autore Sergio del Molino (in spagnolo)
Una riflessione sulla “vita periferica” (in italiano).
Un reportage dalla Spagne vuota per capire alcune delle sue rivendicazioni politiche (in inglese).
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Il nuovo spot della regione Andalusia è pazzesco.
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La storia del finto mercenario spagnolo che diceva di combattere per Israele.
Sono uscite un po’ di novità letterarie ambientate in Spagna:
Le gente di Bilbao nasce dove vuole, scritto da Maria Larrea, edito da Feltrinelli e tradotto da Elena Cappellini.
Cari bambini, scritto da David Trueba, edito sempre da Feltrinelli e tradotto da Pino Cacucci.
Cenere in bocca, scritto da Brenda Navarro, edito da La Nuova Frontiera e tradotto da Gina Maneri.
Un anno e tre mesi, scritto da Luis García Montero, edito da Guanda e tradotto da Cinzia Cappelli.
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Inauguro questa nuova rubrica per raccogliere mostre, eventi e iniziative da segnalarti:
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A Lisbona ha aperto un nuovo museo di arte contemporanea. Nel Bairro Alto, c’è anche un nuovo centro culturale in memoria di José Pinho, fondatore della famosa libreria Ler Devagar.
Al museo del Prado di Madrid è iniziata una mostra sul retro dei quadri.
Ieri è iniziato a Lisbona Olhares do Mediterrâneo – Women’s Film Festival, un festival dedicato alle registe del Mediterraneo. Si tiene a metà tra Lisbona e Setúbal.
Para 🍽️
Para 🍽️ è una rubrica bimensile a cura di Gastroillogica, autrice di
“Dimentica i vini pieni di legno e tannini del Douro e i fortificati di Porto: qui a Lisbona, complice l’Atlantico con la sua salinità, il vento fresco e un sottosuolo calcareo con grandissima presenza di fossili regala vini davvero interessanti.
Per questo, ti suggerisco tre cantine che valgono veramente la pena, con vini fuori dal comune e prezzi accessibili:
Vale da Capucha è un'icona della produzione biologica e a basso intervento. Situata tra colline piene di fossili che ricordano il Chianti, ha vini splendidi da bere e da conservare. Il Fossil e il loro Arinto sono punte di eccellenza.
Las Vedras è la nuova avventura di Pedro Capucha, enologo, e di sua moglie Sonia. Un progetto d’amore in cui la coppia si prende cura di vigne centenarie, dando vita a vini freschissimi ed equilibrati, e rossi poco carichi che fanno da perfetto accompagnamento alla cucina di mare.
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Trovi la maggior parte dei vini in Italia grazie a PortugalVineyards, un negozio online con spedizioni a buon prezzo e sicure in tutta Europa, da cui normalmente mi rifornisco io”.
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Roberta
Che bellissimo articolo! Io adoro la Spagna rurale e, andando quasi sempre in giro in macchina, mi perdo tra il nulla di Al-Ándalus, tra Badajoz e Siviglia!
Una ottima guida turistica per la Spagna periferica - ma non meno interessante delle città, anzi! - è il blog di Jorge, “Carreteras Secundarias”. L’altra metà di Panepanna ci porta in giro alla scoperta di banconi di bar dimenticati in città polverose e silenziose nella enorme periferia iberica!
A proposito di “España vacía” consiglio il libro “Los Asquerosos” di Santiago Lorenzo (Blackie) :)