Difficile parlare d'altro
Che non sia la Global Sumud Flotilla: ecco cosa sta succedendo in Spagna, da cui proviene il numero più alto di partecipanti alla missione, e in Portogallo
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Nelle puntate precedenti: la disputa tra Madrid e Tenerife per una mummia guanche, l’insieme di popoli che abitavano le isole Canarie prima dell’invasione degli spagnoli, e la storia della prima vittima dell’ETA (che alla fine non lo era).
In questa: non la newsletter a cui ho lavorato tutta la settimana, ma una nuova, scritta da zero, stamattina, per parlare dell’unica cosa di cui mi sembra abbia senso parlare oggi: della Global Sumud Flotilla, delle persone che c’erano sopra e di quelle che stanno scendendo in strada.
Iniziamo!
In Spagna
Alla missione hanno partecipato una cinquantina di cittadini spagnoli (alcune fonti dicono 48, altre 49: il Ministero degli esteri spagnolo ne ha contati 65). La Flotilla infatti ha iniziato a diffondere le identità dei partecipanti solo negli ultimi giorni, mentre altri avevano usato i loro profili social per descrivere la propria esperienza a bordo. La delegazione spagnola dovrebbe essere quindi la più ampia tra le 40 nazionalità a bordo: la Spagna è uno dei Paesi più vicini alla causa palestinese, per vari motivi (qui trovi un articolo del Post sul tema, qui uno in spagnolo di Público).
Nel maggio del 2024, la Spagna aveva riconosciuto lo stato di Palestina e ritirato il suo ambasciatore da Israele. A inizio settembre, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez aveva annunciato un nuovo pacchetto di misure “per fermare il genocidio a Gaza, punire i suoi esecutori e sostenere la popolazione palestinese”. Tra queste, l’embargo contro le armi che provengono o che vengono inviate a Isreale (oltre alle restrizioni teoricamente imposte dal 2023).
Tra le persone a bordo c’erano l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau (che ha mandato numerosi messaggi vocali lungo la traversata, raccolti in questo episodio del podcast Un tema al día), numerosi politici locali, ma anche giornalisti, insegnanti, sindacalisti: in questo articolo di El País trovi alcuni dei loro profili. Ti segnalo in particolare quello di Ana María Alcalde Callejas, assistente sociale e influencer, soprannominata dall’estrema destra spagnola “Barbie Gaza”.
Come l’Italia, anche la Spagna aveva inviato una nave militare a supporto della Flotilla: alla fine, il governo le ha ordinato di non entrare nella cosiddetta “zona ad alto rischio”, il tratto di mare in cui in passato altre missioni erano state intercettate e che si trova però in acque internazionali.
In reazione all’intercettazione della Flotilla, Sánchez ha dichiarato che i suoi membri “non rappresentano nessun pericolo o minaccia” nei confronti di Israele, che garantirà loro protezione diplomatica e che spera possano tornare presto a casa. Sulle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele è rimasto vago, affermando che l’esecutivo sta valutando come agire.
Già ieri, giovedì 2 ottobre, migliaia di studenti spagnoli dai 14 anni in su hanno scioperato in 40 città diverse. In serata ci sono state manifestazioni a Valencia, Siviglia, Palma, Pamplona, Madrid e Barcellona. In queste due ultime città ci sono stati scontri con la polizia. A Barcellona, in particolare, alcuni attivisti si sono accampati nei pressi del porto, lo stesso da cui un mese fa era partita la Flotilla.
Penso molto alla percezione della Spagna che ha l’Italia e viceversa. Per questo credo sia giusto sottolineare che anche in Spagna non sono mancati gli insulti alla Flotilla e ai suoi membri. Ieri, infatti, durante la riunione del consiglio regionale della Comunità di Madrid, la presidente Isabel Díaz Ayuso (che è una delle esponenti più radicali del Partido Popular, centrodestra) ha soprannominato la missione “un’assemblea universitaria galleggiante” che è andata a “farsi un bagno” nel Mediterraneo e che “non vuole la pace”.
In Portogallo
A bordo della Flotilla c’erano quattro cittadini portoghesi, tra i quali Mariana Mortágua, deputata e coordinatrice del partito di sinistra portoghese Bloco de Esquerda.
Nell’ultimo anno, il governo di centrodestra di Luís Montenegro è stato in generale abbastanza tiepido nei confronti del genocidio a Gaza: la pressione internazionale ha portato però il Portogallo a riconoscere lo stato di Palestina lo scorso 21 settembre, insieme a Francia, Regno Unito, Canada e Australia.
Il ministro della Difesa ha definito la Flotilla “un’iniziativa propagandistica e irresponsabile”, aggiungendo che confida che Israele si comporti ora come lo Stato democratico “che è, rimandando tutti i cittadini ai loro Paesi di origine, rispettando i loro diritti”. Anche il primo ministro ha criticato la missione, affermando che “non avrei agito in quel molto, ma rispetto chi la pensa in maniera diversa”.
In reazione all’intercettazione della Flotilla, ieri ci sono state manifestazioni a Porto e a Lisbona, dove i partecipanti hanno protestato di fronte al Museo di Design, dove era in corso un dibattito televisivo in vista delle elezioni locali previste per inizio ottobre.
Dall’archivio di Ibérica:
Sole, mare e occupazione
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