Cosa possiamo imparare dalla legge portoghese sulle droghe
Ovvero: combattere più le dipendenze che le sostanze
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Iniziamo!
Cosa possiamo imparare dalla legge portoghese sulle droghe
Arrivo tardi sul tema, ma per un buon motivo: questa settimana volevo parlare d’altro (di surf, per la precisione). Poi sono successe due cose.
La prima: in occasione della Giornata internazionale contro l'abuso di droga e il traffico illecito, la presidente Giorgia Meloni ha promesso di mettere fine alla “stagione dell'indifferenza, della normalizzazione e del disinteresse” sulla droga in Italia.
La seconda: un gruppo di realtà, tra cui Associazione Antigone, A Buon Diritto, Forum Droghe e molte altre, hanno pubblicato un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti del 1990 sulla società italiana.
Nel rapporto si legge che oltre un detenuto su quattro si trova in carcere per detenzione di droga e uno su tre lo è per gli effetti delle leggi sulle sostanze stupefacenti.
Come ha riassunto Luca Bizzarri nel suo podcast, “le leggi che ci sono adesso non servono a fermare l’uso delle droghe, ma solo a spostare i tossicodipendenti dalle case, dalle strade, alle carceri”.
La buona notizia è che un modello diverso è possibile, come dimostra il Portogallo da più di trent’anni.
Il modello portoghese
Facciamo un passo indietro: negli anni Settanta il Portogallo riapre i suoi confini e le droghe iniziano a circolare, ma dopo quarant’anni di dittatura e isolamento, la popolazione non è consapevole dei rischi.
Così negli anni Novanta tra lo 0.5 e l’1% della popolazione portoghese fa uso di eroina e il tasso di mortalità correlato ad HIV e AIDS è altissimo, specialmente nelle persone che fanno uso di droga per iniezione.
A differenza di quel che succede in altri Paesi, poi, l’uso di droga in Portogallo si diffonde tra tutte le classi sociali e spesso avviene in pubblico, per le strade o nei bar delle grandi città.
In quel periodo, un gruppo di esperti inizia a sperimentare nuovi metodi per affrontare il problema. Nel 1997, a uno di loro, il medico João Goulão, viene chiesto di delineare una nuova strategia nazionale in materia di droghe.
“Ci siamo resi conto che stavamo sprecando risorse. Aveva molto più senso trattare le persone con problemi di dipendenza come pazienti bisognosi di aiuto che come criminali”, ha spiegato Goulão in un’intervista.
Tra il 1999 e il 2001, il Portogallo decriminalizza l’uso di qualsiasi tipo di droga.
Il traffico di continua a essere punito col carcere, ma non il consumo: chi viene trovato in possesso di una dose superiore al consumo medio individuale per massimo dieci giorni riceve un mandato che lo costringe a presentarsi di fronte a un comitato composto da un avvocato, un psicologo e un assistente sociale.
Il comitato può imporre multe e sanzioni, ma il suo ruolo principale è quello di comprendere il rapporto tra la persona e l’uso di droga. In caso di dipendenza, il comitato indirizza la persona verso strutture e percorsi che possano aiutarla, senza imporre l’obbligo di frequentarle.
“Quel che gli Stati Uniti e altre nazioni possono imparare dal Portogallo è a trattare le persone con più dignità", ha affermato Gonçalo Fonseca, fotografo portoghese cresciuto a Casal Ventoso, uno dei quartieri di Lisbona dove più persone facevano uso di sostanze negli anni Novanta.
I limiti del modello portoghese
Nonostante la legge del 2001 abbia fatto diminuire il numero di decessi legati al consumo di droghe e di casi di HIV, AIDS ed epatite C, nonché la percentuale di detenuti per possesso di droga e i costi sociali legati alle dipendenze, il modello portoghese presenta anche alcuni limiti:
Il sistema portoghese non distingue tra droghe leggere e pesanti, quindi legalizzare una sola sostanza (come la cannabis) farebbe vacillare le fondamenta del sistema (l’uso medico della cannabis, invece, è stato approvato nel 2018 perché considerato un diritto umano);
Il numero di sanzioni per consumo di droga rimane alto, così come la diffusione del traffico illecito (nel 2023 sono già stati sequestrate almeno 41 tonnellate di droga);
Le prime sale di consumo assistito (ovvero centri in cui le persone con dipendenze possono consumare droghe sotto la supervisione di personale qualificato, per evitare infezioni e overdose) sono state aperte nel 2021 a Lisbona e nel 2022 a Porto, a più di vent’anni dall’entrata in vigore della legge;
Negli ultimi mesi, con lo sgombero di alcuni quartieri e le conseguenze della pandemia, il consumo e il traffico di droga è diventato un problema per chi abita a Porto.
Per approfondire:
Questa intervista a Goulão sulla situazione a Porto e in generale sul consumo e traffico di droga in Portogallo;
Come funziona invece la legge spagnola sulla droga (anzi, le leggi: molto dipende dalle singole regioni);
Questo reportage su come funziona la sala di consumo assistito di Lisbona;
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, che fa informazione in maniera precisa non giudicante su HIV e infezioni sessualmente trasmissibili.
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Sabato scorso è iniziato semestre spagnolo alla guida del Consiglio dell’Unione europea: ne ho scritto per Linkiesta.
Sempre a tema elezioni: il Partido Popular ha pubblicato il suo programma, che prevede modifiche alle attuali leggi sull’aborto, sull’eutanasia e sulla memoria del franchismo. Anche sull’ambiente si torna indietro di anni.
In Portogallo, la Federazione Nazionale dei Medici ha scioperato per due giorni per chiedere migliori condizioni di lavoro. A settembre dello scorso anno, un neonato e una donna incinta sono morti per ritardo nei soccorsi dovuto alla mancanza di personale e la situazione non sembre essere migliorata.
Il Tribunale Generale dell’Unione Europea ha revocato l’immunità parlamentare di tre politici indipendentisti - Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí - che faranno ricorso alla Corte di Giustizia dell’Ue. Il rischio è che nel frattempo il Tribunale Supremo spagnolo emani un nuovo mandato di arresto europeo che li costringa a tornare in Spagna ed essere processiati per aver pianificato il referendum illegale del 2017 e proclamato l’indipendenza della Catalogna.
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Illustrazione di Lara Luis.
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Sono appena tornato dal Portogallo per un workshop dell'European Aids Treatment Groups e tu pubblichi questa newsletter: è un caso? Io non credo.
Ho avuto l'opportunità di conoscere attivistə da tutta Europa, tra cui APDES che gestisce la sala di consumo assistito a Porto. Fanno un lavoro pazzesco.
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